WILLARD GRANT CONSPIRACY (Pilgrim Road)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  07/06/2008
    

I dubbi, l’incertezza dei nostri giorni, sembrano contraddistinguere il nuovo lavoro della Willard Grant Conspiracy. Robert Fisher si incupisce più del solito e le atmosfere elettriche qui scompaiono del tutto (salvo qualche inserimento ritmico, qual e là) per lasciare strada all’orchestra, ad armonie morbide dove tocca al suono del pianoforte tracciare la linea guida di un percorso che dall’esistenza di Dio.
Scaturisce da un lungo viaggio sulla route 138 immersa nel deserto della carezzevole Lost Hours, attraversa le esaltazioni umane della vellutata The Pugilist per perdersi definitivamente nella disillusione di Vespers a cui è difficile destare attenzione e il suo modo di deprimerti prende il sopravvento e contagia anche Jerusalem Bells, Water and roses, l’acustica The great declive e anche quando la strumentazione si arricchisce il risultato non cambia, una Miracle on 8th Street cover di Marek Eitzel a tratti imbarazzante.
Per fortuna l’altra cover è più avvincente, cantata e suonata col cuore, una ballata waits-iana di Lal Waterson e Oliver Knight, Phoebe con piano e melodia struggente per un’interpretazione molto emozionale che resta uno dei pochi sussulti di Pilgrim Road. La sua voce resta affascinante, a volte gli fa compagnia Malcolm Lindsay con cui ha co-firmato quasi tutti i brani di Pilgrim Road, ma fondamentalmente questo ultimo lavoro sembra un ritorno ai territori folk e profondi degli esordi con una serie di ballate in cui scompare l’accompagnamento della chitarra acustica a scapito del piano, ma dopo aver spaziato nel corso degli ultimi sette album dal country al punk, dal blues al pop, dal folk alla psichedelica.
Pilgrim road è l’album più personale della sua carriera ma anche il meno riuscito e anche con il contributo di Josh Hillman al violino e viola, Dennis Cronin alla tromba, Erik Van Loo al basso, Tom King alla batteria e diversi membri della comunità artistica scozzese Doghouse Roses tra cui Iona MacDonald, vocalist e Paul Tasker alla chitarra, il risultato finale lascia molte ombre e poche belle canzoni: la nuova versione di Painter Blue che è apparsa su una compilation spagnola (Acuarela Songs) è a tratti stucchevole, l’acustica Malpensa si potrebbe anche salvare ma alla fine ti convinci che non ne vale la pena. Passo falso per una band dal passato glorioso.