Due album registrati dal vivo, l’ultimo, con annesso DVD, dal titolo
Live at Antone’s e l’esordio del 2006 di
Live at Momo’s, ambedue in quel di Austin e ambedue di ottima fattura, rappresentano il luminoso passato di questo vivace e spiritato quintetto country-roots-bluesy-rock, la
The Band of Heathens, che arriva ad incidere per la prima volta un album di studio con canzoni nuove e alcune ri-registrate dai live precedenti. Se non meraviglia affatto che a produrlo sia il country-bluesman
Ray Wylie Hubbard da sempre un loro estimatore (in cui aggiunge oltre al suo contributo vocale anche il suono della slide guitar, in
Cornbread), quello che suscita interesse è il fatto che l’album di studio segua due album live, ditemi allora quante band possono permettersi una cosa del genere?
Son davvero poche. L’unico timore poteva essere ricondotto al feeling particolare che in quelle serate si creava, quell’atmosfera a dir poco incendiaria, ma la band texana va oltre, perché il mix che ne vien fuori è ancora una volta dannatamente brillante.
Band of Heathens gioca ancora il suo fascino intorno ai tre front men e vocalist, ognuno di loro col proprio stile, modo di cantare e anche di scrivere le canzoni, così da Ed Jurdi (voce, chitarra acustica ed elettrica, armonica, piano e percussioni), Gordy Quist (voce, chitarra acustica ed elettriche) e Colin Brooks (Voce, chitarra elettrica, dobro e lapsteel) si aggiungono la sezione ritmica con Seth Whitney (basso) e John Chipman (batteria) senza trascurare collaborazione d.o.c, da Gurf Morlix, al mandolino di Stephen Bruton a Patty Griffin al coro in tre canzoni.
Un’idea di cosa sono capaci questi ragazzi la rende bene
Dont Call On Me che apre il disco, un brano notevole e benfatto, cantato e suonato con trasporto, molto energico, le voci si mischiano alla chitarra elettrica e non resta che godere di cotanta grazia specialmente quando Quist si lancia con la sua armonica in un finale bluesy trascinante e scoppiettante.
La mordiba chitarra acustica che apre la seguente
Jackson Station, ha dalla sua una melodia assai contagiosa e presenta ognuna delle tre voci, che all’unisono crescono di intensità per accompagnare una ballata roots splendida, dove l’aggraziata armonica di Quist trova nel mandolino di Bruton un degno sodalizio.
Maple Tear è l’unica canzone dell’album con una collaborazione esterna alla band, infatti è stata scritta da Quist con Adam Carroll, una ballata countryeggiante elettrica che inizia con “
I met a girl from Manitoba/where the wind is wild on the Hudson Bay”, con Patty Griffin ai cori a donarle quell’aria seducente, la stessa voce che è presente anche nella meravigliosa
Second Line dove il contributo di artisti come Bruton e Morlix è davvero rilevante e nell’acustica e struggente
40 Days.
A spezzare questo trittico pieno di dolci armonie ci pensano i riff di Colin Brooks nel rock salutare di
Heart On My Sleeve, la solare e contagiosa
This I Know, un brano semplice e irresistibile, il blues corposo di
Unsleeping Eye e quello macchiato di soul di
Cornbread, con Ray Wylie Hubbard che si diverte alla slide.
Chiudono degnamente
Band of Heathens l’incantevole roots di
Nine Steps Down e il blues di
Hallelujah. Cosa aggiungere, ancora una volta la
The Band of Heathens ha fatto centro.