FRED EAGLESMITH (Tinderbox)
Discografia border=parole del Pelle

          

  Recensione del  12/05/2008
    

Il songwriter canadese Fred Eaglesmith dopo quel piccolo capolavoro di Milly’s Cafè tra folk, country e rock cambia rotta con Tinderbox, un disco spirituale che l’artista definisce alternative-gospel (Gospel per non-credenti), tra radici old time music e bluegrass. Le sue storie, i suoi ultimi viaggi on the road in giro per l’Europa e per l’Australia hanno aggiunto un pizzico di avventura nella scrittura di questo nuovo album, ai suoi racconti che tendono sempre ad osservare la realtà di oggi, quella che ci circonda, pensa bene di sostituire alle road-house tipiche texane, vecchie chiese, la religione, ricordi che hanno contraddistinto la sua fanciullezza, perlopiù dal padre devoto e convinto praticante, fino ad allacciarsi ai suoi studi buddisti degli ultimi periodi.
Canzoni come l’iniziale Sweet Corn, Shoulder to the Plow e Get on Your Knees si possono incanalare lungo questo percorso, dove il fascino del profondo sud si alterna a folk di stampo old-time, un suono più elettrico, a tratti waitsiano (anche la stessa Killing me I e II o la tersa You can't trust them), una strumentazione più ricca, il tutto a far da cornice a discorsi tra amici, sulla religione, la preghiera, al cosiddetto “lasciapassare” che tutti cercano come sorta di salvezza. Gospel music ma non solo. “The church is like a tinderbox”, canta nella title-track Fred Eaglesmith, liriche che potrebbero tratteggiare la profonda spiritualità di terre come quelle del Nord America dove coesistono depravazione, fede e speranza al lamento gospel di Fancy Dog, dove la chiesa è vista come un qualcosa di troppo commerciale, tra predicatori e profeti che offrono Dio come se fosse uno spot.
Forse la perdita del mandolino del virtuoso Willie P. Bennett ha inciso parecchio nella realizzazione di questo nuovo album (oltre a quella di una mancanza di una forte presenza scenica per la band), un disco che ha più ombre che luci come ben descrive la cupa e stramba Chain gang, ma del nuovo corso solo I pray now e Wheels hanno un fascino particolare, limpide e seducenti, non che le altre canzoni siano deludenti, sarebbe un giudizio troppo severo, ma solo la splendida Quietly, il pathos di Worked up field che trafigge il cuore o la folk-country Stand, mi restituiscono il Fred Eaglesmith che amo e che spero di ritrovare nel prossimo disco.