Le sua abilità di chitarrista e di songwriter le si conoscevano, non mi riferisco solo all’album di esordio con i Bandoleros,
Bad Out There, ma alle sue intense ed elettrificanti performance sul palco lasciate alla memoria dei fan negli anni passati. Proprio così, perché la sua storia è iniziata negli anni ’70 in Inghilterra con varie collaborazioni musicali che lo hanno portato per mano alla realizzazione alla fine del ’78 del suo primo album, Rings Around the Moon, che lo ha spinto alla ribalta di artisti come i Led Zeppellin che lo avevano chiamato ad aprire il loro tour americano se il figlio di Robert Plant non fosse morto improvvisamente.
Ma il destino gli ha riservato altre possibilità perchè questa è stata solo la prima di tante esperienze e collaborazioni (ha scritto per il cinema, fondato i Golden Carrillo che hanno inciso un paio di album), ma gli spettacoli dal vivo erano quelli che lasciavano una scia difficilmente cancellabile: nell’amato Texas in quel di San Antonio se li ricordano eccome Frank Carillo e band durante il Bad Company show: alla fine di un concerto vibrante terminato tra l’ovazione dei fans, hanno imbracciato le chitarre e saliti sul tetto del palazzo hanno continuato a jammare…
Tutto questo per arrivare al periodo dei Bandoleros, siamo nel 2004 quando Frank insieme a suo fratello Andrew alla chitarra, al percussionista Norman Del Tufo al batterista Eddie Seville e a Karl Allweier al basso hanno inciso l’interessante
Bad Out There. Una miscela di rock,americana, blues e roots altamente godibile che ritroviamo anche in questo
Someday, che è un ulteriore passo in avanti: inciso nell’autunno dello scorso anno a New York,
Frank Carillo ha voluto a tutti i costi la presenza delle tastiere del famoso Augie Meyers andando a scovarlo in quel di San Antonio, e alla fine Someday è un disco vibrante di rock, roots e impasti blues.
14 canzoni fluide e chitarristiche come si denota dall’iniziale
Roll The Bones, ma
Someday è un continuo sfilare di brani interessanti dalle roots-ate energiche di
Everything Changes e
Lucky If You Can Breathe a quelle dove il blues entra dalla porta principale,
Someday, alla tipica rock-song semplice ed allo stesso tempo avvincente come la piacevole
Somebody Poisoned The Well o
Eastern Time. Quella più incline ai fasti di decenni passati, dove il piano circonda la voce roca di Frank per il rock’n’roll di
Gotta Be You con armonica e coretti tipici delle terre paludose-blues del Mississippi.
Con
The Way Out si arriva al giro di boa di
Someday, una vivace rock-ballad che anticipa i toni morbidi della parte centrale del disco, che al contrario di quello precedente non mostra alcun passaggio a vuoto, ma una serie di ballate salutari, calde ed emozionanti da
Darkness Everywhere ad
I Stay Right Here. La parte finale di Someday è contraddistinta principalmente dalla nervosa
Don Get Sammy Started e dall’accattivante
The Blue Room per terminare con la malinconica e splendida
Glass Heroes.