BAND OF HEATHENS (Live At Antones)
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  Recensione del  16/02/2008


    

Storia particolare ed inusuale per questo gruppo, The Band of Heathens. Ogni mercoledì un gruppetto di musicisti si divertivano a suonare sempre nello stesso locale ad Austin, Tx, esattamente al Momo’s insieme ad altre band del luogo. La serata aveva anche un nome, la chiamavano Good Time Supper Club. Poi ognuno tornava a fare quello che gli era più congeniale e naturalmente i soli musicisti continuavano a suonare con altre persone negli altri giorni della settimana.
Il fatto è che il pubblico in quei mercoledì sera era sempre più numeroso, i titoli dei giornali iniziavano ad avere caratteri cubitali e la notizia scalava l’ordine delle pagine in fretta. Così qualcuno ha avuto l’idea di metterli insieme e farne una band: nascono così gli Heathens (poi per ragioni legali aggiungono “The Band of”) che registrano il loro album d’esordio e naturalmente con doveroso richiamo al locale, Live from Momo’s, poi a cavalcare l’onda del successo trascorrendo mesi e mesi in giro per il Texas, fino al Colorado e alla Georgia.
Una doverosa comparsata al South by Southwest dello scorso anno per ritirare il premio come migliore new band, e solo allora si sono resi conto di essere diventati davvero una band, una “old-fashioned rock’n’roll band” con il soul di Otis Redding, gli spiriti di Townes van Zandt, l’energia del rock e il country/blues alla Drive by Truckers. Questo è il loro secondo lavoro e ancora una volta prettamente dal vivo intitolato Live at Antones, un doppio Cd/Dvd che descrive una notte particolare nel leggendario locale di Austin dove ne si può apprezzare tutta la vitalità e la carica di questi ragazzi, tralaltro le sorprese non sono finite perché hanno anche registrato un album di studio insieme all’amico Ray Wylie Hubbard, con Gurf Morlix e Stephen Bruton alle chitarre che dovrebbe vedere la luce nella primavera inoltrata del 2008.
Adesso ci godiamo Live at Antones che vede sotto le luci dei riflettori Colin Brooks (chitarra, voce e dobro); Ed Jurdi, (chitarra, armonica e voce); Gordy Quist (chitarra, armonica e voce); Seth Whitney (basso e voce); e per ultimo John Chipman alla batteria: Sin dalle battute iniziali si capisce che la serata è di quelle che resteranno nei ricordi dei fortunati presenti, iniziano con il rock/blues della bella Unsleeping Eye secco e diretto, la voce di colin è corposa e roca e le chitarre jammano come se fossero da mezz’ora su quel palco e la seguente One more step ha un’anima blues nera e corale. Philadelphia smorza i toni, una ballata che cresce di ritmo e colpisce le corde delle emozioni, cantata splendidamente (si alternano al microfono con una naturalezza invidiabile).
Una chitarra acustica apre Quarters and Dimes, per un’altra ballata suggestiva e si capisce che il disco sta crescendo di intensità e qualità: la splendida Bumblebee ne è la prova, un brano di pura bellezza un rock-blues macchiato di soul, poi Quist si lancia con la sua armonica ad aprire la trascinante Rehab Facility e ci spostiamo verso rock dal sapore texano, come testimoniano la chitarra di Blood in the Water che squarcia il silenzio dell’Antones e la spensieratezza corale di Ain’t No More Cain con quella fisa nella retrovie per un brano dai rimandi anni ’70 (la fisa accompagna anche Cornbred e si resta in Texas…).
La parte finale di Live at Antones non ha inflessioni, resta alta la qualità: da una parte la malinconica Juda’s Scariot Blues e l’elettrica Hallelujah, la roboante Jenny was a Keeper, ma su tutte ci sono Don’t Call of Me, Jackson Station e la splendida King of Colorado che descrivono l’essenza della Band of Heathens (rock, blues & Texas). Live at Antones è un gran disco, un tributo alla loro terra e come dice Colin Brooks:“I've lived in a lot of different places, but Texas is where people love their music and the songwriters and Austin is a special mix of rednecks, hippies and music lovers”.