BRANDON RHYDER (Live)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  14/02/2008
    

Due anni fa Conviction, una prova matura, anche grazie alla produzione del bravo Walt Wilkins, che aveva portato alla ribalta il talentuoso singer-songwriter Brandon Rhyder e il suo rock/country made in Texas. Non che i suoi due precedenti album fossero malvagi, anzi, di tutto rispetto e di buona fattura, ma lui sembrava poco amalgamato al suono corale della band. Col tempo si cresce, e i risultati si son sentiti più che altro in questo ultimo lavoro, Live. La band si è rodata strada facendo: Charlie Richards alla lead guitar e James Hertless al basso e cori, con Ron D’Argenio alle tastiere e Mike Henretty alla batteria, per la nuova produzione di Radney Foster -con cui tralaltro sta lavorando per il nuovo disco di studio.
Aspettando sempre di avvicinarsi ad una major, intanto in quel di Nashville Brandon Rhyder ha firmato un contratto da songwriting per la prestigiosa Harlan Howard Publishing, e poi in attesa del nuovo lavoro, ci regala questo Live con il meglio della sua produzione. Registrato nell’arco di due notti al College Station di Nacogdoches, per 13 canzoni estratte per lo più da Conviction ma include del nuovo materiale da studio e poi, come in questo caso, lo spettacolo live acquista un’anima più elettrica e il country si sofferma solo nelle retrovie: si parte con Man of Conviction, una canzone sui tempi difficili che nessuno vorrebbe mai affrontare, la realtà dopotutto è anche questo: bella e potente e dal vivo acquista maggior fascino. One Step Closer scritta con l’amico Wade Bowen ha un’inizio davvero accattivante: “My windshield’s cracked, just like my heart. My tires are all flat, just like my brain. My engine’s running rough, just like my soul…”.
Intro solo voce e chitarra, bella melodia e poi spazio alla band… Un po’ di romanticismo con Let The Good Times Roll, dove un uomo sta cercando di far colpo su una donna e vorrebbe che la serata non terminasse, continuando poi con No One Stays In Love Alone, qui in territorio country, una ballatona in cui Brandon si appoggia molto sulla sua voce, e la canzone ne acquista maggior pathos e a sentirne gli applausi, anche le girls apprezzano parecchio. Il pubblico è caldo e le corde delle emozioni sono ben tese, allora My Son arriva al punto giusto, splendida rock/ballad che Brandon Rhyder canta con trasporto e la chitarra di Richards si apre un varco, una parentesi perfetta; chiude il trittico romantico I Can’t Hang On.
La parte centrale di Live svolta allora per territori più energici e la band ci mette del proprio, tra il rockaccio strascicato di Black Cat tratto da Behind the Pine Curtain del 2003, alla recente Do you Remember alla Eli Young Band tanto per capirci, per arrivivare alla bellezza di Back Roads che oltre ad avere bei versi “The back roads of this county are crossed like the laces on my cowboy boots”, ha il merito di conciliarci con l’essenza del rock. Una gran bella canzone. Il concerto è alle battute finali, ma ha tempo per regalare al suo pubblico sempre da Because She Loves Me del 2001 un'altra rock-ballad, Have I Waited Too Long, e soprattutto Freeze Frame Time, ballata autobiografica (parla di tutto ciò che è dietro alla sua ispirazione) sempre da Conviction del 2005 e sempre una gran bella canzone.
Punto in più per questo Live sono le 2 canzoni da studio che lasciano ben sperare per il prossimo lavoro: Before I Knew Your Name, è una canzone su un uomo che desidererebbe tornare indietro nel tempo per impedire di conoscere la donna che poi gli spezzerà il cuore. Non ha solo nella scrittura le armi migliori ma anche nel roots rock che gli costruisce attorno, e poi con Home Again (co-scritta insieme al texano Jon Randall) un viaggio nei suoi ricordi d’infanzia nella piccola cittadina vicina Carthage, nei dintorni di Dallas. Rock e sentimenti si legano, e di sicuro apprezzeranno non solo quelli cresciuti nell’East Texas.