Li ricordo con piacere i
Drag the River di
Closed del 2002, arrivavano dal Colorado con il loro alternative country a narrare storie della provincia americana, con sonorità vicine agli Uncle Tupelo tra ballate e virate rock con il country dietro l’angolo. Ma quell’anno è stato per la band davvero importante, anche un disco dal vivo,
Live at the Starlight, tutto sudore, chitarre e non era affatto male.
Poi ne avevo perso le tracce, qualche Ep (Chicken Demos, Hobo's Demos e l’ultimo Hey Buddies del 2004), a cui hanno fatto seguito anni transitori, attirati dal fascino delle onde della california e con varie vicissitudini, insomma sembravano procedere a vele spiegate verso il dimenticatoio. Sembrerà strano ma dopo aver annunciato lo scorso anno lo scioglimento definitivo della band e l’annuncio dell’ultimo lavoro insieme (con un po’ di canzoni donate agli Hideways, gruppo interessante), si sono dovuti riunire ultimamente su richiesta della casa discografica per alcuni spettacoli in promozione ad
You can’t Live This Way, che è sì un degno saluto ai propri fan, ma bisogna dirlo è uno dei loro album migliori (e il fermento suscitato in giro ha fatto ricordare i tempi passati).
I ragazzi sembrano aver trovato una maturità sia nel songwriting che come band, il piano che accompagna le sonorità spensierate anni ’70 di
Death of the Life of the Party sono di indubbio fascino, una sezione fiati che spunta nel finale, un suono caldo e avvolgente che contraddistingue anche la successiva
Rangement a dir poco deliziosa. Dal classico cowpunk/country del passato si passa a un sound solido fatto di rock ariosi e trascinanti, splendida in questo senso
Brookfield, ha dalla sua freschezza e chitarre sferzanti, stesso dicasi per la tosta
Brootal e la trascinante
Lizzy ma anche quando le corde vibrano all’improvviso in
Caleb’s Grave. Chad Price comanda sempre il gruppo insieme alla penna di Jon Snodgrass che con Space Casey si divide alle chitarre, poi Marc Benning al basso e infine Dave Barker alla batteria.
You Can’t Live This Way non poteva iniziare meglio… poi la fisa di
Fleeting Porch of Tide ci porta in territori folk/country, e costruiscono una ballata di spessore in ricordo di tempi passati e
W.W.2,
Tobacco Fields di impianto elettro-acustico partecipano degnamente all’incontro.
Decisamente accattivanti anche le “alternative” elettriche
Defy the Moon, bella
Lost Angel Saloon e la pianistica
Bad side of a Good Time che alzano il ritmo, godibili e si ascoltano con piacere. Insomma chiudono la loro storia nel modo migliore i
Drag the River.