Questo è il sedicesimo album di
Fred Eaglesmith (da non credere!) in 26 anni di una onesta carriera trascorsa nel sottobosco della musica cantautorale roots americana, tra folk, country e rock. Non ha di certo smarrito la sua vena creativa e non ha perso l’ispirazione, ed anche se non c’e molto di edificante nel raccontare di strade piovose solcate solo da qualche camion solitario, di paesaggi sconfinati dove si intravvedono soltanto fattorie abbandonate - terreno fertile per cuori spezzati e anime in pena-,
Milly’s Cafe è un disco di una bellezza cristallina, un piccolo grande disco.
“
I started with the song 'Milly's Cafe' and after that I was in West Texas and I was thinking about writing a West Texas album. It morphs into other stuff, but I just started slowly picking up where this album was going to go."
Fred Eaglesmith, singer/songwriter canadese (ha vinto uno Juno, il grammy canadese, ovunque riconoscimenti e tributi, ma per pubblicare i suoi dischi ha dovuto crearsi una proria casa di produzione -la laber record), un cantautore che la ama davvero la strada, quella lungo la Route 66. E tutto ciò traspare nelle 10 nuove canzoni di quest’ultimo lavoro
Milly’s Cafe con al seguito una band con gli attributi: il mandolino e l’armonica suonata da Willie P. Bennett, il dobro e la steel guitar di Dan Walsh, la pedal steel di Roger Marin, ed infine il basso di Luke Stackhouse e la batteria di Kori Heppner. Si inizia con la springsteen-iana
18 Wheels, dove il suono acustico e la voce corposa di Fred ci accompagnano nella storia di un truckdriver che prova a combattere contro i suoi sentimenti e non tornare dal suo amore.
Un inizio da incorniciare che ci immerge immediatamente nel suo folk-roots magnetico e dopotutto
Milly’s Cafe è questo, una collezione di storie struggenti (ascoltare la successiva
Kansas o la bellezza di
Tired) poetici quadretti come descrivono anche la languida
Summer is Over con la provincia rurale in trasparenza o come in
Rocky con quell’aria da “south of border” tra due cowboys che tornano sommamente a casa per una storia alla Brokeback Mountain. Si resta in tema con la fiesta messicana ma sotto i cieli del West Texas, quelli solcati dalla title-track in quasi 6 minuti di una bellezza e freschezza che da sola vale l’intero album… e poi il fascino dell’ariosa
Mrs Hank Williams, all’accattivante folk elettrico di
Sign on the Wall che ti si attacca addosso come l’armonica che apre e pervade una ballata splendida come
Thinkin’ Bout Her.
A chiudere, una visione apocalittica tra le furie di una inondazione che segue una siccità assassina in
The Rain.
Milly’s cafe è un gran bel disco e se non conoscete
Fred Eaglesmith, beh, allora andrete sicuramente a scoprirne i suoi precedenti album. Garantito.