Patterson Hood e Mike Cooley continuano a scrivere e ad essere l’anima dei
Drive-By Truckers da ormai 22 anni, ma in questo nuovo album, l’ottavo,
Brighter Than Creations Dark, non solo si dividono la scena: 9 canzoni l’uno e 7 l’altro, ma per la prima volta la bassista Shonna Tucker impugna la penna per scriverne tre della diciannove totali -molte delle quali anticipate nel loro ultimo tour della scorsa primavera- che variano tra southern gothic, country, folk e rock’n’roll per 75 minuti di grande musica. L’ultimo lavoro di studio aveva in un certo senso rappresentato davvero “la benedizione e la maledizione” della band: l’amore per il rock sudista, di quell’anima southern intrisa nelle loro canzoni, parole e suoni oltre il rock convenzionale, quasi a sancire l’apice della carriera che li ha portati l’anno seguente a staccare la spina, cosa che non accadeva dal lontano 2001: anno in cui hanno iniziato a solcare le strade in giro per il mondo. La necessità di ricaricare le batterie, di tornarsene a casa, ma non solo.
La dipartita di Jason Isbell per incidere il suo disco solista, Sirens of the Ditch, non ha intaccato il nuovo progetto anche se a lui si devono la carica energica e la bellezza di album come
Decoration Day e di
The Dirty South, ma hanno aggregato ufficialmente alla band John Neff, pedal steel guitar, che per anni è stato un ospite illustre nei loro album.
Brighter Than Creations Dark è il sesto prodotto con David Barbe ed è stato registrato negli studi di Athens, Georgia, la scorsa estate e porta una dedica speciale per il tastierista Spooner Oldham (l’uomo che ha rivoluzionato il rhythm&blues negli anni ’60) che non solo ha suonato col gruppo nel passato tour ma ha trasferito nel nuovo disco dei
Drive-By Truckers il suo classico “soul southern sound”.
L’approccio resta comunque chitarristico, le 3 chitarre aprono la strada come sempre ma questa volta compaiono un paio di brani piuttosto inusuali per la band (
Lisa’s Birthday è puro country del 1960 o
The Purgatory Line), tra un alternative country e folk (
The Opening Act e
Bob) ma con una strumentazione più corposa, uno splendido uso del banjo (nell’iniziale
Two Daughters and a Beautiful Wife) e le tastiere di Spooner. L’EP che anticipava l’uscita del nuovo lavoro dava in qualche modo un’idea:
I’m sorry Houston, la prima canzone scritta dalla Tucker per la band, ha il passo di quelle canzoni sentimentali a carattere popolare dei sobborghi di Nashville, dal sapore anni ’70, gran bella voce, come la chitarra distorta che la segue.
Splendida,
A ghost to Most che è sulla falsa riga tracciata da canzoni come
Gravity’s Gone di A Blessing and a Curse, Mike Cooley narra di storie di vita vera, dure e senza lieto fine. Se Patterson Hood è l’espressione della band, Mike Cooley ne rappresenta l’anima…
The Righteous Path è la continuazione del songwriter di Hood, un bravo ragazzo con il viso tracciato dal tempo nel nuovo millennio: è dura lì fuori con lo spettro del licenziamento e la noia delle responsabilità familiari. Tra riff assassini e la storia convincente di un uomo normale che prova a cercare la sua strada e di fare la cosa giusta, la canzone è pura bellezza.
Come si vede i testi presentano un reale senso dei luoghi e di personalità forti, spesso si tratta di criminali che provano a sopravvivere nella vita piatta della depressione di piccole cittadine dell’entroterra sudista. Splendida
Self-Destructive Zones ma anche
3 Dimes Down,
Home Field Advantage,
Perfect Timing, crescono di più ogni volta che le riascolti e con quest’ultima dove John Neff fa un gran lavoro alla chitarra acustica e
Daddy Needs A Drink, il simbolo del connubio della band con il tastierista Spooner Oldham, affascinante e ipnotica. Sulla tragedia dell’Iraq, il parallelismo di 2 interpretazioni sulla guerra contraddistinguono la scrittura di
The Home Front e
That Man I Shot, storie vere sulla perdita per una famiglia del figlio da un parte e del senso del guerra dall’altra, canzoni che dopotutto toccano il cuore tra ballata e lamenti southern.
Goode’s Field Road non esiste ancora come strada ma la storia è di quelle che si sentono in giro: un tizio va incontro al suo destino a bordo di una macchina usata nel mezzo della notte verso una destinazione che lui crede sarà la risposta a tutti i suoi problemi.
Una canzone scritta ai tempi di The Dirty South che finalmente trova il suo posto come
You And Your Crystal Meth, questa invece registrata ai tempi di A Blessing and A Curse. La dolce
Checkout Time in Vegas è ispirata alla storia di un amico di Pat, Scott Baxendale che costruisce chitarre per vivere… A chiudere l’album ci pensa la malinconica
The Monument Valley, nel classico immaginario degli scenari dei film di John Ford dove John Wayne cammina nella desolata bellezza di una sconfinata America. I
Drive-By Truckers continuano a fare grande musica, che piaccio o no.