SWEET ROOT (Bourbon To Broadway)
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  Recensione del  17/01/2008
    

Con un piede ben piantato nelle radici dell’Americana e l’altro abituato a calpestare la nuova scena della Texas Music ai confini del Southern, in questi due generi si delineano a grandi linee le caratteristiche della band degli Sweet Root e i fans del rock texano mescolato a fumose chitarre faranno bene a ricordarsi di questo nome. Nascono nella lontana Louisiana gli Sweet Root, ma hanno trovato una scorciatoia e di quelle brevi, che solo la musica predilige e ti concede di solcare, perchè il passaggio dalla nativa Baton Rouge fin nell’East Texas è stato rapido e costellato di riconoscimenti e apprezzamenti che solo le loro leggende musicali son abituate a sentire: da John Mellencamp agli Alabama, da Tom Petty al grande Johnny Cash.
Il front-man della band Dustin Powell è nato nel Kansas ed ha una voce che spinge sull’accelleratore delle emozioni, tra storie di amori smarriti, debitori verso la legge dura della strada, su cui però si sentono a loro agio la ficcante chitarra di David Wallace, la batteria di Brett Smith e il basso di Lance Dubroc, tutti insieme a costruire armonie assai familiari ai nostri gusti musicali. L’ascolto di Bourbon To Broadway lascia immediatamente in circolo un nugolo di canzoni semplici e in palla (l’iniziale Who you are, Crazy Beautiful o Good One to Leave On, tra rock di stampo classico, radio-friendly e ballad), nei testi si intravvedono abilità che trovano nel sottobosco della provincia americana gli spunti cardine.
Ma quelle su cui s’intravvede il futuro roseo degli Sweet Root sono canzoni come il rock arioso e chitarristico di Half a Mile Away: una storia semplice. Ti ritrovi a lasciare dietro di te tutto quello che possedevi con solo “a pick up cabin on a gravel road, half a mile away” senza che il nostro eroe possa tornare indietro sebbene la sua amata arde di passione per lui o nella limpidezza della rocciosa Tuesday Night o la ficcante Look What We Got. Le influenze country sono accennate dal suono di violini che una volta che le chitarre entrano in circolo sembrano smarrirsi, per lasciar spazio alla strumentazione classica da rock band, Round Here è da destinare tra i classici da repertorio on-stage. Allora accendete lo stereo e lasciatevi catturare dalla carica degli Sweet Root, poco più di mezz’ora per questo cd, ma ne vale la pena.