SCOTT WIGGINS BAND (Burn)
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  Recensione del  17/01/2008
    

Prodotto dal chitarrista singer/songwriter Keith Davis, Burn contiene solo 10 brani e sin dal primo ascolto si nota una certa propensione alla ballata, venature southern appena accennate e chitarristiche impennate rock nel classico vigore delle band giovanili che imperversano in Texas, ma in questo caso non affondano più di tanto e alla fine si nota una mancanza di originalità. Tutte le canzoni sono state scritte da Scott Wiggins con la partecipazione del batterista Joh Diaz (il resto della band è composto da Ryan Fedako al basso, Ricky Diaz e Austin Gilliam alle chitarre), hanno trascorso gli ultimi anni in giro ad aprire i concerti di gente come Cory Morrow, Charlie Robison e Robert Earl Keen, acquistando notorietà e fiducia nei propri mezzi, ed infatti Only See è stato un discreto album di esordio di un paio di anni fa e anche quest’ultimo lavoro, Burn, non si discosta poi tanto dal precedente, le chitarre accompagnano un suono comunque solido e Side of Me, ad esempio, ne è la prova.
Burn evidenzia quella che è una caratteristica di molte band giovanili, come quella di Scott Wiggins: hanno dalla propria parte quell’entusiamo e quella carica che emergono in modo netto quando ascolti i loro cd musicali, con l’essenza della piccola provincia americana (Corpus Christi, in questo caso, è la loro musa ispiratrice).
Inciso ad Austin sotto la supervisione di Adam J Odor (vincitore di un grammy), questi cinque ragazzi hanno una forte determinazione e Burn ha comunque dei brani di tutto rispetto: Was it worth it apre l’album, la voce calda di Scott accompagna una ballata rock energica e chitarristica e devo dire che questo tipo di canzone gli riesce bene, anche Lonely is Holding Me ha un fascino per niente banale, poi però calcano troppo la mano e Long Run, Perfect Way to Fall e la conclusiva Start Tonight sono più nella norma.
Le qualità vocali di Scott si apprezzano in There Goes The World, dopo un intro solo voce entra la band a occupare lo spazio con chitarre distorte che sono ben presenti nei rockacci, chi più incisivo chi meno, di Whole Time e When She’s Lonely, e punte southern decisamente apprezzabili come in Addictions. Alla fine, Burn è un dichetto gradevole, ma nulla di nuovo all’orizzonte se confrontiamo la Scott Wiggins Band alle altre realtà texane.