NATHAN HAMILTON (Six Black Birds)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  18/12/2007
    

Six Black Birds, è il terzo album da studio per il singer-songwriter con base ad Austin, Nathan Hamilton, un lavoro che ha avuto una lunga gestazione e francamente non so se per mancanza di ispirazione o perché finanziariamente non era in grado di registrare un cd ogni 2 anni. Ma di certo le canzoni sono figlie del suo peregrinare, tra festival e apparizioni a supporto di band e artisti della scena red dirt-texana. Me lo ricordo al South by Southwest il suo showcase, puro distillato rock, con ficcanti e chitarristiche canzoni che andavano a riscaldare pomeriggi di marzo particolarmente freddolosi. Le avvisaglie erano ottime, i fans che lo seguono capiranno questo suo cambiamento e accetteranno il ritardo di questo nuovo lavoro perché canzoni come Teeth con i suoi riff di chitarra assassini, la rock ballad Frame to Finish e Burn sono davvero degli ottimi esempi del nuovo percorso del cantante Texano.
Six Black Birds è un album pieno di belle canzoni, dotate di una freschezza invidiabile: dall’iniziale Sooner or Later con un lavoro di chitarra pregevole, l’affascinante magnetismo di Enough, il vigore di The Cut e di Now Again, fino alla title-track testimoniano la sua virata per lunghi rettilinei rock, esplorando anche nuove strumentazioni. Per chi come lui nato nel 2000 al Kerrville folk festival, come nuovo folk-singer per l’approccio e lo stile musicale che spaziava in territori di pura Americana, l’album Tuscola del 2000, All For Love & Wages del 2002 e l’ultimo Live at Floore’s Country Store del 2003 ne sono una degna testimonianza per una discografia di tutto rispetto.
Il nuovo album è più introspettivo ma senza cadere in atmosfere cupe, un suono più sperimentale dotato di una carica che cresce col tempo, con l’ascolto. Un lavoro che ribadisce che l’ispirazione è nata sul palco, e che quindi le canzoni non possono che essere una degna continuazione e un collegamento ad esse: registrato in 6 giorni ad Austin e prodotto da Darwin Smith & Erik Wofford che hanno fatto in modo che si catturasse quell’atmosfera creata dal vivo, quell’intensità che poi è stata trasferita sul disco e il risultato ci regala un ottimo Hamilton e i suoi No Deal sono alla sua altezza.
Canzoni dirette e incendiarie, che hanno un peso e un’intensità invidiabile, come le liriche che parlano di riflessioni sull’amore (Frame to Finish), perdita (The Cut), dipendenza (Sooner or Later), ingiustizie sociali (Enough, Burn, Teeth) e alcune sinceramente dotate di un linguaggio simbolico e surreale (Six Black Birds o come in Green & Gold: "I saw a broken, black umbrella, just like a fallen newborn bird. Lying in the street, just as useless as a song gone unheard"). In definitiva Six Black Birds rappresenta l’evoluzione artistica di Nathan Hamilton: i suoi fans non troveranno il suo folk-roots di vecchia data (eccetto l’acustica e conclusiva Hanging On che è da brividi) ma dopo 45 minuti non potranno che apprezzarne il risultato, ne saranno meravigliosamente sorpresi.