Non si tratta del nuovo disco di
Grayson Capps, bensì di una sorta di esordio solista risalente a circa cinque anni fa che solo adesso vede la luce.
Songbones è infatti una raccolta di brani incisi nel settembre 2002 nella casa studio di New Orleans, proprietà di Mike West, il cui nome dirà più di qualcosa agli appassionati, 9th Ward Picking Parlor. Ebbene sì, lo studio non esiste più, è stato spazzato via dall'uragano Katrina, l'incubo di un fine estate di recente memoria.
Shawn Mullins ha registrato qui la maggior parte del materiale di uno dei suoi dischi più belli, solo qualche mese e forse non avremmo assaporato quella calda magia che ha riportato tra noi un autore che ormai sembrava perduto.
Grayson Capps, invece, al tempo dell'incisione non era nessuno, ma aveva classe da vendere, basta ascoltare queste canzoni scarne, registrate nell'arco brevissimo di una manciata di ore con il semplice ausilio di una chitarra acustica, un'armonica e il violino di Tom Marron, l'amico di sempre, oltre, ovviamente, alla mano del maestro West che ne cura la regia. Non passerà molto tempo, il film A Love Song for Bobby Long segnerà l'inizio di un percorso che nel giro di un paio d'anni ci consegnerà una delle voci più autorevoli e interessanti della nuova tradizione americana. Classe 1967, originario di Opelika, Alabama, Grayson si è trasferito ormai da tempo nella città della Louisiana, e di New Orleans ha assorbito tutto, gli umori, i rumori, gli echi lontani.
La maggior parte delle canzoni di questo album costituisce l'ossatura {songbones, appunto) di ciò che vedremo svilupparsi in seguito con bel altro arrangiamento, in forma più definita. Ma si tratta comunque di piccoli gioielli che vivono di luce propria, a dimostrare l'abilità non comune di questo grande cantautore, voce splendida e altrettanta abilità con lo strumento. Intimità, immediatezza, poesia e freschezza, ottima la qualità del suono, canzoni bellissime come
Washboard Lisa e
I See You, che faranno parte del folgorante
If You Knew My Mind (2005), il primo disco 'vero', oppure le straordinarie
Junkman e
Mermaid, che saranno invece inserite nel secondo album
Wail & Ride (2006), uno straordinario cocktail di blues, country, canzone d'autore con sferzate southern, a catturare il respiro profondo della Crescent City.
Che dire poi di
Slidell, passo bluesy cadenzato dal tocco del violino, già imbevuta di una forza straordinaria, così come
Graveyard, che qui sembra un oscuro folk di altri tempi, oppure
I Can't Hear You, pure blues all'ombra del Delta (anch'esse inserite nel disco di esordio). Ci sono tre canzoni che fino ad oggi non hanno trovato spazio nei due album 'ufficiali' e che quindi rappresentano un motivo di interesse supplementare per gli appassionati, vale a dire
Guitar, una folk ballad malinconica, ispirata e ben strutturata,
Junior & The Old African Queen, tocchi southern in una matrice folk, molto interessante, e
Psychic Channel Blues, un traditional abbastanza nella norma.
Poco più di trentacinque minuti che confermano le doti di un
Grayson Capps 'artista da giovane', se mai ce ne fosse stato bisogno. Attenzione, l'edizione è limitata, le copie a disposizione sono 5000 e, pare, non ci sarà una ristampa. Si dice che il prossimo album in studio sarà un doppio e che vedrà la luce nella primavera del 2008. Attendiamo fiduciosi. Intanto godiamoci questi primi passi, che se non sono da gigante poco ci manca.