Kasey Anderson è un autore interessante, che ha esordito nel 2004 con l'album
Dead Rose, già recensito su questo sito. Originario di Bellingham, stato di Washington, Anderson è un musicista abbastanza atipico. Incluso nel genere Americana, Kasey ha comunque molteplici influenze, che vanno da Tom Waits a Steve Earle, non è country, anche se usa sonorità roots, e la sua musica è essenzialmente rock. D'autore. Se Dead Roses era interessante,
The Reckoning conferma la poliedricità dell'autore ed offre una gamma di canzoni intessute con sonorità varie, che vanno dal rock alla canzone introspettiva, alla folk ballad.
Prodotto e suonato assieme ad Eric "Roscoe" Ambel, l'album ha diverse canzoni interessanti. La strumentazione è classica, chitarre, sezione ritmica, talvolta tastiere. Le canzoni confermano le qualità dell'autore. Dall'iniziale ma scura e waitsiana,
The Reckoning che spiazza non poco. Alla seguente,
Last Thin Line, che assomiglia allo Steve Earle inizio carriera. Pulita, diretta, country rock, ma non più di tanto. Mostra semplicità e freschezza, inventiva e buona disposizione vocale. Anderson è così, varia da un brano all'altro, e sa mettere in evidenza le sue qualità:
Don't Look Back è quasi acustica, profonda e malinconica: mostra un'altra faccia di Kasey, quella più intimista. E questo suo lato trova la sublimazione nella splendida
Red Shadows, tra le cose migliori del disco.
E' vero, assomiglia un po' a Love Minus Zero No Limit di Bob Dylan, ma forse proprio per questo mi piace ancora di più. Altre canzoni degne di nota: la cristallina
Long Way Home, in cui brillano le chitarre (Ambel fa un gran lavoro), l'elettrica
Hometown Boys, una sferzata di energia roots,
Buddy Bolden's Blues, intima ballata dedicata al trombettista di New Orleans che aveva preceduto, in ambito jazz, la gloria di Louis Armstrong.