RYAN T. BRIGGS (Let it Roll)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  29/03/2007
    

Deve tutto all’insistenza di suo padre se Ryan T. Briggs, anno dopo anno show dopo show ha solcato il palco del Kerrville Folk festival affinchè la gente potesse scoprire la creatività della sua musica: a vederne i risultati come possiamo dargli torto, quest’anno si è guadagnato al Texas Music Awards l’etichetta di miglior Stella nascente nel firmamento della Texas Music, è non è da poco. Dopo varie esperienze finito il college e alcuni anni passati a Houston per lavoro (ahimè, qui solo note dolenti per il crac della ditta dove lavorava la Enron Corporation), il suo asciutto stile cantautorale, la passione per il bluegrass a cui deve le qualità chitarristiche, lo hanno portato una volta giunto ad Austin ad incidere il suo debutto, Let it Roll nell’estate dello scorso anno e come consuetudine in terra texana subito a calcare i più svariati palchi a diffondere la sua musica aiutato dai suoi The Redneck Hippies.
Prodotto da Mark Addison (Honeybrowne, Ian Moore) Let it roll è un dischetto assai godibile dove ben risalta il genuino country di Briggs, ballate toccanti e contaminazioni rock, genuine e dirette tra Robert Earl Keen e Dwight Yoakam: 9 canzoni più 2 cover.
Dai testi si notano la varietà dei soggetti: da Las Vegas al Nevada fino a Lubbock passando per Austin per una nuotata nel golfo del Mexico, questo giovane e bravo singer-songwriter ha ricevuto parecchi consensi anche al difuori della terra amica: bravo chitarrista dà subito sfoggio nell’iniziale Clay Henery, dove imbraccia la chitarra acustica e appoggiato da una buona spinta vocale che ricorda il leader dei Bottle Rockets, lascia fluire note tipicamente roots-country.
Up-tempo di matrice country senza grosse pretese, Las Vegas, West Texas, ballate introspettive solo in apparenza monocorde, Fly e More than Lovers, che invece lasciano intravedere buone qualità compositive, come del resto testimoniano la title-track spigliato rock country di buona fattura: la voce sale di tono, le chitarre si fanno più ficcanti e la strumentazione entra decisamente in circolo raggiungendo forse l’apice del disco, e la successiva Swimmin’ to the gulf of Mexico, una ballata che evidenzia le qualità di questo giovane cantautore.
Qualche country di grana grossa Redneck Hippie e The Bitch Next Door, sempliciotte e scanzonate sono solo parentesi tra brani che hanno una marcia in più, Freight Train su tutte, che corrono davvero… e poi l’uso delle chitarre acustiche è splendido.