I
Deadstring Brothers hanno due album alle spalle che hanno diviso un po’ la critica: chi da una parte ha storto il naso perché cresciuto col rock degli Stones e chi non li ha presi troppo sul serio lasciandosi trasportare dalle loro ficcanti rock song. Beh,
Silver Mountain non sposta di un millimetro i giudizi sin qui espressi su di loro. Non che la cosa li tormenti: se il terzo disco di una formazione suona esattamente identico ai due che l'hanno anticipato, che a loro volta suonavano esattamente identici ai cataloghi di Stones, Faces e The Band, viene da pensare che il nuovo che avanza non sia in cima alla lista degli interessi dei suoi membri.
Questo rappresenta al tempo stesso un limite e una bella risorsa, poiché non si può negare l’estrema piacevolezza all'ascolto di una
Ain't No Hidin' Love che ricorda le scorribande giovanili di Rod Stewart & Co., al boogie anfetaminico di una
Queen Of The Scene inginocchiata di fronte al santino di Janis Joplin, a certe rock-ballad straccione che sembrano sbucare da Let It Bleed (
If You Want Me To su tutte) e a una rilettura del Leon Russell di
You Look Like The Devil rispettosa della carta costituzionale della Repubblica Invisibile, è altrettanto vero che di spunti personali, in
Silver Mountain, non se ne trovano molti.
Nel bluesaccio di
Slow Down e nella ballatona gospel-roots
The Light Shines Within (in mezzo si trova l'ottimo country-blues di
Rollin' Blues) fa capolino l'armonica di Mickey Raphael, indimenticato pard di Willie Nelson ai tempi della rivoluzione outlaw. Non ho mai subito la fascinazione delle cover-band, eppure mi diverte sentire i
Deadstring Brothers alle prese con puro rock’n roll, che sia derivativo poco importa alla fin fine.