DEADSTRING BROTHERS (Starving Winter Report)
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  Recensione del  21/03/2006
    

Pur non essendo dei novellini (hanno infatti alle spalle un debutto omonimo, uscito due anni fa su etichetta Times Beach), i cinque Deadstring Brothers da Detroit, Kurt Marsche (chitarra e voce), Travis Harrett (tamburi), Masha Marjieh (percussioni), Philip Skarich (basso) e Ross Westerbur (piano e Fender Rhodes), ripropongono il loro omaggio agli Stones del periodo fine anni '60 (che aveva caratterizzato anche il precedente lavoro). I Deadstring Brothers sono talmente derivativi, rispetto al modello originale, che qualcuno potrebbe piuttosto che acquistare i loro album, ricomperarsi per l'ennesima volta una copia di Let It Bleed, Beggars Banquet, Sticky Fingers o Exile On Main St..
Ciò non significa, tanto per esser chiari, che le varie Talkin' Born Blues, Moonlight Only Knows, All Over Now o 'Til The Bleeding Stops siano brutte o fastidiose da ascoltare, ma che un pizzico di personalità le avrebbe rese più convincenti, be', questo è fuori discussione. Starving Winter Report assomiglia al parto di una garage-band che ha trascorso anni ad esercitarsi su testi sacri come Dead Flowers, Sweet Virginia e Honky Tonk Woman, cioè sull'abbecedario della ballata rock stracciona e countreggiante, dimenticandosi però di far pratica anche su altri fronti: il risultato comunque è positivo e non bisogna prenderli troppo sul serio altrimenti dovremmo etichettarli come una copia mal riuscita.
Nulla di tutto ciò e tra gli episodi più efficaci dell'album, inseriamo ad esempio l'iniziale Sacred Heart, che non sarà il massimo dell'originalità ma ha proprio un bel drive, nella ballatona Lights Go Out, che potrebbe essere il tentativo del gruppo di scrivere una Angie meno ruffiana e pop (le due canzoni iniziano più o meno alla stessa maniera) o nella conclusiva Lonely Days, celebrazione tra country e rock degli anni in cui Gram Parsons istruiva Keith Richards sulle profondità della tradizione musicale americana. Per chi ama i dischi degli Stones, di Gram Parsons, cosa ne dite di ascoltarne una versione aggiornata al 2005? Non è un tributo, ma leggetelo più come un tuffo in un passato che non va dimenticato…