ZACH BROOCKE (Last Call) EP
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  09/11/2007
    

Questo è spettacolo. Un ragazzo di Milwaukee trasferitosi in California che conosce Jamie Wollam, il batterista di Jackson Browne, e con lui realizza il dischetto più fresco ed eccitante degli ultimi anni. Zach Broocke sarà anche un signor nessuno, ma il suo Last Call Ep, preceduto dal debutto Be Somebody (2003) e dall'altro extended The Anywhere But Here Sessions ('01) (entrambi circolati per vie carbonare e a questo punto da recuperare assolutamente), è senza dubbio la cosa migliore che mi è capitata di sentire da parecchio tempo a questa parte.
Perché ha la stessa irruenza, la stessa innocenza del primo Phil Cody e nei suoi brani scorrono trent'anni di grandi canzoni rock (da Tom Petty a Bruce Springsteen, da Bob Dylan a Van Morrison, da Paul Simon ai Clash) reinterpretate con un entusiasmo che attualmente non ha termini di paragone. Esagerato? Ascoltate gli assalti al calor bianco della devastante American Sweethearts e la loro centrifuga tra Joe Strummer e un Costello arrabbiatissimo, perdetevi nell'incalzare selvaggio di una Gotta Get Away che avrebbe fatto andare di traverso la birra ai Faces e poi ditemi.
Ditemi se l'epica folk-rock della maestosa Roosevelt non merita il titolo di ballata (elettrica) dell'anno, se riuscite a restare impassibili di fronte alla sublime cavalcata roots-pop di una Remember Me dove il Seminole della Florida invita Roy Orbison a ballare un valzer o se la Telecaster di Joe Corcoran su Older non trasforma il pezzo in una meravigliosa serenata rock da qualche parte tra i Wallflowers e The Band.
Non è tutto, naturalmente, dacché Done Believing You suona come una fucilata di punk-rock urbano degna di Mike Ness o Rhett Miller, e la conclusiva Come Back Baby non sfigurerebbe nei dischi più riusciti di Ryan Adams, magari dopo un ripasso dell'intera discografia dei Beatles. Soltanto sette pezzi, ma ogni nota vale oro.
Stando a quello che si può sentire qui, il passo successivo potrebbe essere il miglior disco di pop-rock americano dai tempi dell'esordio dei Gin Blossoms, oppure un album in grado di soddisfare il palato classic-rock di chi dopo Hollywood Town Hall dei Jayhawks non ha più smesso di avvertire un certo languore. Ora c'è bisogno soltanto di un lavoro di lunga durata che mantenga tutta queste magnifiche promesse.