TREVOR ALGUIRE (As of Yesterday)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  09/08/2006
    

Non prendetelo per un nuovo esponente della scena texana: il cognome sembra suggerire origini ispianiche, border e contaminazioni tex-mex, nella realtà Trevor Alguire è un songwriter di Ottawa, freddo Canada, che conferma il rapporto privilegiato di quel paese nei confronti di alcune sonorità storiche dell'alternative country. Non è la prima volta d'altronde che ci troviamo a sottolineare questo binomio, ricordando tra gli outsider l'ottimo e sconosciuto Dave McCann, anch'egli totalmente affascinato dalla lezione dei primi esponenti del genere.
Nel caso di Alguire - al secondo giro dopo l'esordio Narrowed Down, seguito di una carriera minore in varie band locali - hanno scomodato i soliti noti, Steve Earle e Tom Petty i prima fila. As of Yesterday si colloca piuttosto sul versante dei fedelissimi del cosiddetto no depression sound, con accesi toni elettrici che vengono naturalmente aggraziati da continue incursioni acustiche e rurali. Il disco è infatti il frutto di un amore sconfinato verso quel roots rock malinconico e uggioso che bagna le strade del midwest americano, tanto è vero che stentereste a collocare il personaggio sopra la linea di confine dei grandi laghi.
Facile soprattutto scomodare i Son Volt di Jay Farrar: il fuoco di fila delle chitarre (lo stesso Alguire con Rob Skitmore e Tom Thompson) che apre le danze con Through Me, la polvere country rock di Blink, tutto si abbevera alla stessa fonte musicale, mantenendo queste coordinate lungo tutto il tragitto. Cosa colpisce dunque l'ascolto e rende As of Yesterday uno dei lavori di genere più godibili degli ultimi mesi?
Il fatto forse che torna a ricordaci l'importanza cruciale nell'american rock classico della canzone in se stessa e della sua costruzione melodica, la cesellatura degli arrangiamenti, qui mai fuori posto, il sentirsi parte di un unico grande fiume musicale, una tradizione che si alimenta e rinnova dal suo interno. Non sarebbe altrimenti possibile interpretare con lo stesso entusiasmo il dolce sobbalzare rootsy di Two Birds e Around the Bend, in cui il gioco di steel e mandolino appacifica i chiaroscuri del songwriting di Alguire.
Quest'ultimo, neanche a farlo apposta, prosegue quel sentiero di racconti marginali e a tratti dolorisi che hanno alimentato l'immaginario alternative country nel corso delle stagioni. Compie questa operazione portando nel cuore sia la ruvida scorza rock figlia di Neil Young (sentire per credere gli stridori elettrici di The Only Thing), sia una lunga trafila di ballate più intimiste, sublimate nel finale con l'accoppiata di On My Own e Means to an End, dove compaiono viola e pianoforte a trasformare il rocker di provincia in un songwriter più riflessivo.