BLEU EDMONDSON (Lost Boy)
Discografia border=parole del Pelle

          

  Recensione del  19/10/2007
    

Se non conoscessi i suoi trascorsi, se non avessi sotto gli occhi i suoi dischi precedenti avrei difficoltà a catalogarlo come made in Texas. Sto parlando del talentuoso Bleu Edmondson sempre seguito dalla sua sua fedele band, anche se per questo nuovo cd (il suo ultimo The band plays on risale a 5 anni fa, compare solo il suo nome sulla copertina del cd).
Bleu ha iniziato a scrivere di musica all’età di 19 anni, ha incrociato sul suo percorso formativo l’uomo che meglio rappresenta l’evoluzione del movimento musicale texano, ovvero quel genio di Lloyd Maines. Le sue influenze musicali da puro cantautore roots si sono spostate verso un rock corposo e schitarrate alla Stones: il suo esordio nel 2001 Southland, era un disco che racchiudeva delle piccole gemme -50 dollars and Flask of Crown e Travellin Man- che lo portò alla ribalta della scena musicale Texana, a cui diede subito un seguito dopo un solo anno con The Band plays On, altro onesto, notevole e vigoroso esempio di Texas roots music.
Da allora un lungo silenzio durato 5 anni, rotto solo quest’anno con Lost Boy e ci presenta un Edmondson più incline a un rock secco, chitarristico e diretto: l’intro dell’iniziale American Saint non inganni, il dolce piano è solo una parentesi di una ariosa rock song che fa capire il nuovo risvolto del cantante che ben si delinea nella successiva Last Call, dove le chitarre sono ficcanti e la batteria non è stata mai così ruvida e presente.
Un suono decisamente lontano da quel texas roots che tanto lo ha contraddistinto all’inizio della sua carriera (in The Echo (Maybe Tonight)? ci regala anche un sax dentro una piacevole ballata rock). Le charts dimostrano che il suono più ruvido non dispiace più di tanto al suo pubblico, anche perché le canzoni sono belle ed è questo che conta in fondo: che continuino a trasmetterti qualcosa e Bleu ci riesce ancora. Sentire Resurrection, una carica e una bellezza che alcuni rocker invidieranno parecchio: la voce di Bleu diventa più roca e incide allo stesso modo della batteria e questa virata quasi southern è davvero efficace in questo trittico iniziale.
Si continua su questo asse regalando ottime rock song a volte, Jesus is cryin’, pervase da spruzzate di violini a ricordarci le sue origini o nell’uso della chitarra acustica accennata in Last last time, tra ballate morbide Back to you, Another morning (After the night before) e attacchi chitarristici alla stones di Finger on the Trigger che la pervadono dall’inizio alla fine o come nella scoppiettante You call it Trouble.
Chiude l’armonica della ballata roots Don’t Fade Away quasi a sincerare che il country made in Texas non è morto, è sempre vispo e pieno vita.