Torna finalmente sulla breccia il texano singer-songwriter
Owen Temple, e lo fa col botto regalandoci il suo disco più bello e maturo. Un disco da ascoltare e ascoltare più volte. Dopo aver trascorso alcuni anni della sua carriera suonando nel Midwest e in Texas, trovando il tempo anche per laurearsi in psicologia all’Università del Wisconsin, a testimonianza delle qualità di questo ragazzo, nei primi mesi di questo anno, Owen ha imbracciato la sua chitarra e insieme a Lloyd Maines ha registrato
Two Thousand Miles negli studi di Ray Benson Bismeaux in Austin, naturalmente, terra mai così doma quando si tratta di accogliere grandi artisti. Maines conosce bene Owen con cui ha prodotto nel 1997
General Store e nel 1999
Passing Through (mentre l’album del 2002
Right here and now era stato prodotto dal songwriter nashvilliano Phil Madera).
Le nuove e scintillanti 12 songs vengono tutte dalla penna di Temple, e come contorno ad una solida band composta dal batterista degli Asleep at the Wheel, Dave Ranger, dal prolifico basso di Glenn Fukunaga e dalla chitarra mai doma di David Grissom. Completano Riley Osbourn e Richard Bowden, rispettivamente all’organo e al fiddle, la folk/singer-songwriter Terri Hendrix e il folle cowboy Bob Livingston. Signori, qui ci si ritrova ad ascoltare una delle più familiari ed elettrizzanti songs in puro heartland Country rock: energiche e piene di ritmo, canzoni che parlano di bevute, amore, e rodei… Nel panorama della musica texana, ha costruito un suo piccolo spazio in cui melodia, modo di cantare, l’approccio roots mischiato al country più sporco, l’uso di violini a batterie e chitarre elettriche ne delinea la caratteristica che Maines continua a far sviluppare anche in questo disco: si inizia con la frizzante
You want to wear that ring, una roots song in cui si respira l’aria del Texas e per un genuino modo di mischiare corrosive chitarre ad up tempo tipicamente country in stile Temple, vedesi anche
Red Wine and Tequila.
L’intro di violino per
Swear it off again con la voce che quasi ci vuol parlare di Temple, introduce una splendida canzone in un crescendo rock dove la melodia è ben marcata dalla presenza della slide. Una roots ballad coi fiocchi. La title track è balzata immediatamente in testa alle classifiche radiofoniche come brano più richiesto ed è una country-rock ballad deliziosa. Canzone fluida, suono ricco e corposo accompagnato al coro dalla voce femminile di Terri Hendrix e con l’elettrica di Grissom in primo piano. Il Texas si respira in
Can’t drink enough to sing, ritmo decisamente piacevole e la canzone scorre via.
Like we still care, è un’altra bella rock ballad che lascia poco spazio ai dubbi.
Temple è tornato a suonare grande musica , come dimostra
I just can’t wait quit loving you. Se ne sentiva la mancanza, e nel panorama texano ormai allineato ad un sound più vigoroso ed energico, la musica di Temple si va a sposare perfettamente: l’attacco di batteria senza fronzoli di
Demolition derby la dice tutta, con una bella armonica a concluderla. Dall’altra la vena compositiva la si apprezza nelle ballate più country,
You don’t have to be lonely, e nell’uso dell’armonica di
Pluto Blues, piccolo gioiellino roots, che regala ancora emozioni verso la fine di un album capace di sorprendere per bellezza e armonia. A chiudere l’elettrica e affascinante
Rivers run from many Water e
On the lonesome road, spigliato country roots.
Un gran bel ritorno.