DANNY & DUSTY (Here's To You Max Morlock Live In Nuremburg)
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  Recensione del  19/10/2007
    

Cultizzati da una ventina d'anni per essere stati tra i precursori dell' alternative country e di tutta la no depression generation, Danny & Dusty da qualche tempo sono tornati a far parlare di sé. Un disco nuovo ed un tour li hanno resi di nuovo disponibili a coloro che non si sono mai dimenticati di quel Perduto Weekend a base di musica, casse di Budweiser e bottiglie di Jim Beam trascorso al Control Centre di Los Angeles, lo studio di registrazione da cui uscì il primo segnale di amicizia tra il Paisley Underground ovvero il punk rock di L.A e la musica delle radici.
I componenti di quelle session durate il tempo di un weekend provenivano dalle migliori formazioni del giovane rock californiano dell'epoca (era il 1985) ovvero il cantante Dan Stuart e il pianista Chris Cacavas dai Green On Red, i chitarristi e polistrumentisti Stephen McCarthy e Sid Griffin e il bassista Tom Stevens dai Long Ryders ed il cantante/chitarrista Steve Wynn ed il batterista Dennis Duck dai Dream Syndicate. I nuovi Danny&Dusty, ritornati in pista ventanni dopo, non sono cambiati molto: sono rimasti Stuart, Wynn, McCarthy e Cacavas e la sezione ritmica è stata rilevata da Johnny Hott alla batteria e Bob Rupe al basso. Anche la musica non è cambiata, sono ancora i brani di quel mitico The Lost Weekend a trainare la baracca, salvo qualche aggiunta dal nuovo album (Cast Iron Soul) uscito qualche mese fa e tutto si può dire tranne che la band abbia rinnegato la propria origine.
E' ancora un rock arruffato e stradaiolo, ruvido ed impolverato, mischiato con ballate dal vago sapore country&westem in cui la lap steel di McCarthy evoca i silenzi e le distese del deserto e Dan Stuart canta come se avesse svaligiato una distilleria di Tequila, il marchio inconfondibile di un suono fuorilegge che sta a cavallo di diversi generi e che Danny&Dusty riescono a rendere così umano, coinvolgente, visionario e filmico. Ne è una dimostrazione questo live registrato in Germania nell'aprile di quest'anno, pubblicato come doppio cd con annesso DVD al prezzo di un cd maggiorato. La scaletta del concerto è identica sia nei CD che nel DVD ma la parte visiva offre la possibilità di vedere i nostri in azione davanti ad un pubblico un po' troppo irrigidito visto il calore dell'esibizione.
E' un piacere vedere la band suonare con entusiasmo giovanile, rendersi conto del feeling ancora esistente tra Dan Stuart e Steve Wynn, le loro gag, l'impassibile Chris Cacavas che con le tastiere interpreta il ruolo di un Ray Manzarek della scena alternativa, la grande abilità di Stephen McCarthy con la chitarra e la lap steel, il divertito e sorridente Johnny Hott alla batteria e l'attento Rupe al basso. I "ragazzi" non sono invecchiati molto, a parte Stuart un po' inciccionito e stempiato, gli altri reggono benissimo il tempo e Steve Wynn sembra quello di ventanni fa, snello, allegro,con la sua solita giacca scura e la camicia rossa.
Un concerto quello di Nuremburg senza tante platealità e cerimonie, sobrio ed essenziale, con il rock e le ballate in primo piano, un concerto dove si bada al sodo ma anche senza tanti effetti, l'entusiasmo ed il feeling non mancano.
Una musica quella di Danny&Dusty che vede protagoniste le chitarre ma dove altrettanto importante è il ruolo delle tastiere di Cacavas e vincente è l'alternanza di Stuart e Wynn come cantanti. Dan Stuart, poi, pare rimessosi definitivamente dalle crisi di irascibilità che lo avevano allontanato dal mondo musicale una decina di anni fa, il suo sguardo è sempre allucinato e pericoloso, sul palco arriva con un paio di bottiglie di birra ed un cavatappi come collana ma la tenuta c'è e si vede che con la testa è presente e sa cosa gli sta succedendo intorno. Naturalmente sono i pezzi di The Lost Weekend il piatto forte dello show: una commovente Bend In The Road mai così malinconica e western, una acida e younghiana Down To The Bone arrivata direttamente da Zuma, l'allegra e romantica Song For The Dreamers, l'ipnotica Miracle Mite è un altro degli highlights dello show, l'aspra e disperata The King Of The Losers con tanto di citazione di L.A Woman dei Doors, la corale Baby, We All Gotta Go Down dove cantano un po' tutti. Chitarre acustiche ed elettriche, lap steel, Gibson e Fender trascinano una band che ha le sembianze di un simpatico mucchio selvaggio del rock, dove ancora prima che per il cachet e per i contratti si suona per il piacere, il divertimento e l'amicizia.
Simbolico il fatto che una delle canzoni del concerto è l'evocativa Warren Oates, nome del celebre caratterista che nel film di Sam Peckinpah interpretava Lyle Gorch, uno del Mucchio e nulla mi toglie dalla testa che nell'originale The Lost Weekend l'unica cover presente, ovvero Knockin' On Heaven's Door, più che un omaggio a Dylan fosse un ricordo del grande regista. Come già scritto, nell'esibizione non mancano i brani di fresca scrittura provenienti dal nuovo disco, dal vivo hanno un tiro migliore che in studio e alzano il tasso di rock n'roll dello show. Honey In My Tea è un cowpunk, Hold Your Mud è sporca come il fango, JD'S Blues è uno sbracato Green On Red, Raise Of The Roof puzza di Dream Syndicate e Last Of The Only Ones con quella armonica sembra una cover di Dylan del periodo John Wesley Harding. Il finale è completamente acustico, tutti cantano That's What Brought Me Here e sembra di stare ad una commemorazione di Hank Williams anche se è una canzone di Cast Iron Soul. Se qualcuno aveva nostalgia dei fuorilegge del rock, Danny & Dusty sono tornati.