JOHN FOGERTY (Revival)
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  Recensione del  19/10/2007
    

In questi ultimi anni John Fogerty è tornato prepotentemente alla ribalta dimostrando di non essere affatto invecchiato. Chi lo ha visto lo scorso anno o in questo 2007 nei concerti in giro per l'Europa testimonia di un artista brillante, al meglio delle sue potenzialità, con ancora tanta energia da spendere e un tiro rock n'roll secondo a nessuno. Supportato da una band coi fiocchi ed in possesso di un songbook paragonabile in termini di hits solo a quello degli Stones e di Springsteen, Fogerty incarna l'essenza del rock n'roll nella sua accezione più semplice e popolare.
Anche i suoi ultimi lavori discografici, dopo anni di prolungato silenzio, parlano lo stesso linguaggio: dischi semplici con canzoni lineari ma dai refrain e dai riff accattivanti, facilmente memorizzabili e cantabili, voce potente e unica, suono secco, stringato,chitarristico fino al midollo, che si rifa al rock n'roll degli anni cinquanta, al R&B e allo swamprock. Revival, e lo stesso titolo lo suggerisce, prosegue sulla stessa strada, è un disco che rivitalizza la facilità compositiva dei Creedence con diverse canzoni che paiono estratte da un loro vecchio disco, un paio di rock n'roll sparati a mille che tolgono il respiro e qualche traccia nel più classico songwriting di Fogerty.
C'è anche qualche canzone minore che non esalta a pieno il talento del rocker ma nel complesso Revival è un buon disco, in linea di massima migliore di Deja Vu anche se non possiede una canzone evocativa come Deja Vu (All Over Again). In Revival c'è tutto il Fogerty che conosciamo, quello più tranquillo e pacato delle canzoni che sembrano ballate e quello del rock n'roll nudo e puro con le chitarre a tutto spiano ed il ritmo a palla. L'inizio del disco è all'insegna del Fogerty songwriter. Don't You Wish It Was True con le sue linee essenziali ed il refrain accattivante potrebbe essere la nuova Deja Vu, una quasi ballata che mischia rock, pop e country con la semplicità delle grandi canzoni, un colpo di magia che fa sembrare naturale un giro di chitarra e una melodia che ti incatena i sensi.
Anche Gunslinger è frutto del miglior John Fogerty songwriter ed è una delle canzoni meglio riuscite dell'album. Ha un maggior tocco elettrico ed ha quell'aria innocente da pop-song che entra subito in testa dopo un paio di ascolti e diventa un classico nel giro di una giornata. Bella e radiosa, non tarderà a diventare un must nei concerti del nostro. Spudoratamente creedenciana e non poteva essere diversamente visto il titolo è Creedence Song. Sembra di essere catapultati ai tempi di Green River, ritmo sincopato, la voce R&B e la schiettezza di un rock da working class che fa muovere gli arti e rallegra il cuore. Niente di trascendentale, solo musica semplice e sincera, non edulcorata e truccata, buona per stare con gli amici e ricordare i bei tempi andati con un paio di birre. Ma in tempi in cui è l'abbondanza spropositata a dominare questa è una brezza fresca e liberatoria.
Con Broken Down Cowboy viene fuori il Fogerty più malinconico e romantico, suoni e armonie da folk-song per una canzone che delinea orizzonti da paesaggio west ma senza l'enfasi dell'epopea, piuttosto permeati dalla desolazione di una caduta o di una sconfitta. Potrebbe stare in qualche scena di Brokeback Mountain o nel film Broken Iran di Walter Hill. Anche River Is Waiting insiste con la nostalgia ma la voce sale in alto alla ricerca di un gospel che l'accompagnamento dell' Hammond e le voci femminili accentuano. Nonostante gli sforzi non funziona a dovere ed è uno dei brani meno riusciti. Con Long Dark Night invece si cambia registro e il disco si tinge di rock n'roll. Voce nera alla Little Richard, armonica e chitarre a palla, batteria pestata e ritmo incalzante, un po' di swamprock e il sibilo notturno del blues: siamo nel sud non molto lontani da quei bayou in cui John Fogerty iniziò la sua avventura. Ancora un cambio di scena, questa volta si vola a Londra.
L'inizio è alla Cream e cita Sunshine Of Your Love, in effetti Summer Of Love rimanda alla stagione spensierata dei sixties e dell'estate dell'amore ma piuttosto che luci psichedeliche qui affiora un rock muscoloso e hard, piuttosto quadrato e rozzo, che contrasta con il Fogerty della pure american music. Fa effetto Summer Of Love ma non è tra le mie favourite things. Meglio il seguito, con l'intro ritmato di batteria e chitarra tipico di molte canzoni di Mellencamp. Quello spremuto e concentrato di Dance Naked ad esempio, Natural Thing è tutta giocata sull'attesa, non esplode mai se non nel finale ma per tutto il tempo tiene alta la tensione con un drumming di prima classe (Kenny Aronoff ?)e l'Hammond. In If Ain't Right sono ancora di scena i Creedence. Un minuto e cinquanta secondi scarsi di scoppiettante rock n'roll, niente in confronto a I Can't Take It No More ovvero punk n'roll anfetaminico, tirato alla velocità della luce come fosse una nuova Fortunate Son.
Qui il punk incontra Little Richard e il rock n'roll ringrazia. Tra le migliori canzoni dell'album c'è Somebody Help Me. Inizia con un bel giro di chitarra elettrica e una batteria secca come un Martini dry, Fogerty canta da manuale mentre la chitarra urla un rock intriso di blues che si muove nervoso come un serpente a sonagli e l'organo veste il fondo del pezzo con suggestioni da anni 70. Un gran bel momento, da ballare e da sudare, con la band che mette in campo tutte le sue potenzialità attraverso un sound graffiante e potente. Revival è un disco di ieri (e questo è un complimento) perché l'ultima traccia, Long Shot, è all'insegna di un pimpante rock n'roll, magari troppo semplicistico per qualcuno, per altri il segno di un immutato spirito rock e di una giovinezza musicale che il tempo e le vicissitudini non hanno scalfito. I vecchi rocker non muoiono mai. Almeno speriamo.