WILLIE NILE (Live At The Turning Point)
Discografia border=Pelle

        

  Recensione del  18/10/2007
    

La resurrezione artistica e commerciale di Streets Of New York (2006) andava in qualche modo celebrata con ulteriori propaggini discografiche, e se a pensarlo è stato lo stesso Willie Nile, che con la pubblicazione di album ufficiali c'è sempre andato cauto, vuol dire che stiamo ancora parlando di un disco speciale. Altrettanto speciale, colmo com'è di grinta, umorismo e calore, risulta quindi anche questo Live At The Turning Point, spartano eppure energico corollario on stage del disco citato nonché personalissima "pièce de résistance" di un Willie quanto a mai a proprio agio nell'omonimo, piccolo locale di Piermont, un sobborgo wasp di New York.
Accompagnato dal tastierista dei Max Weinberg 7 Jimmy Vivino e dal fidato percussionista Rich Pagano, Willie si produce in una rilettura semi-acustica di vecchi e nuovi classici, autografi e non, dimostrando ancora una volta che freschezza espositiva e capacità di coinvolgere derivano da uno stato mentale e nulla hanno a che vedere con genere o formato: le iniziali Asking Annie Out e Welcome To My Head, ineffabili nel loro "gancio" melodico, sarebbero già sufficienti a stendere qualunque platea, ma è con la formidabile versione della mai dimenticata Vagabond Moon (distillato purissimo di rock-poetry newyorchese, tra la Patti Smith più visionaria e il Bruce Springsteen più folkie) che si capisce come l'autore sia talmente in forma da potersi permettere qualsiasi cosa.
Persino di affrontare con sublime ironia la stagionata Les Champs Elysées, una piccola "nugget" dal bruciante taglio rockabilly, senza perdere un grammo di forza e arguzia, o di dilatare come una fisarmonica il cuore gonfio di emozione irish di una splendida rock-ballad intitolata The Day I Saw Bo Diddley In Washington Square (con tanto di speech introduttivo, da sganasciarsi, sul vero nome di Bo).
I tempi medi delle ballate di strada, cantino la cosmica sofferenza di una On The Road To Calvary dedicata a Jeff Buckley o gli intristiti acquerelli sentimentali della dolcissima On Some Rainy Day, catturano con il magnetismo selvatico di sempre, ma in particolare il magone pianistico di Streets Of New York (che non ce ne fosse un'altra che si chiama New York City Serenade reputerei la più bella elegia mai consacrata alla città dei cinque distretti) e il sibilo elettrico di una sorprendente Hard Times In America (pezzo peraltro rarissimo nelle scalette di Willie) suonano di una bellezza disarmante.
E come di consueto nei set di questo "magnifico rottame del mondo" non può mancare il giusto spazio agli amori di una vita, nella fattispecie Bob Dylan, Who e Ramones, qui omaggiati attraverso il rutilante folk-rock di It's All Over Now, Baby Blue, le metastasi boogie à la John Lee Hooker di Substitute, il pop-punk al fulmicotone di I Wanna Be Sedated. Quattro stelle a Live At The Turning Point sono un voto da appassionati fradici di rock newyorchese istintivo e viscerale. Ma è agli appassionati che questo disco, con altrettanta passione, si rivolge.