GORDY QUIST (Here Comes the Flood)
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  Recensione del  18/10/2007
    

È nel solco della solidissima tradizione dei Texas troubadours che possiamo collocare la nuova fatica discografica di Gordy Quist, ragazzone di Houston che, come tanti altri prima di lui, ha fatto le valigie per Austin in cerca di un pubblico e magari di un contratto discografico. Il primo lo ha trovato senza troppe difficoltà, mentre nel secondo caso ha pensato bene di arrangiarsi con i mezzi a disposizione, creandosi un'etichetta personale.
Il nome di questo interessante songwriter lo avevamo incontrato non solo ai tempi del suo ottimo esordio solista (Songs Play me del 2004), ma anche nel progetto Band of Heathens, ensemble di ispirazione country rock e Americana formato in combutta con Ed Hurdi, Colin Brooks e Brian Keane e votato quest'anno come Best New Band agli Austin Music Awards. Premio meritato dico io, perché il loro Live at Momo si era rivelato uno dei più scottanti prodotti made in Austin dello scorso anno. Here Comes the Flood è chiamato a confermare le ottime impressioni del passato, anche se, gioco forza, il sound e le atmosfere del disco si spostano su un versante più cantautorale rispetto ai citati Band of Heathens.
In questo caso Gody Quist non deve dividere le sue canzoni con nessun altro protagonista, liberando la sua ispirazione da autentico storyteller: attento ai dettagli, alle piccole storie (bellissima quella narata in Lady Juliana, ambientata in Australia), ma anche ai grandi temi universali della tradizione folk, tra sentimenti, religione e vangabondaggi.
L'esito finale potrebbe essere scontato, visto che il terreno calpestato da Gordy Quist non è affatto nuovo, eppure mi pare di dover sottoscrivere gli entusiasmi che lo hanno portato a vincere la scorsa edizione del prestigioso Kerrville Folk Fetsival. Il sound elettrico e stadaiolo di Rehab Facility sembra suggerire un country rock molto acceso, sulla linea di Chris Knight, ma in seguito il disco si fa più intimo (fatta eccezione per lo scanzonato boogie rock di Unsleeping Eye, in cui Quist mostra anche discrete doti vocali di impronta blues).
Le chitarre di Steve Wedemeyer e Joe McMahan (anche lap steel e piano) sono spesso addolcite dal piano e dall'organo hammond di Jen Gunderman, provilegiando così le atmosfere calde, avvolgenti di Quarters and Dimes, Skin and Soul e Diamonds, Dogs & Shooting Stars (gran titolo e altrettanto ottimo testo), il fingerpicking leggero di Green and Blue, la malinconia folk di Irene. In questi frangenti davvero credo si possa azzardare un accostamento con il Lyle Lovett più cantautorale, o se preferite qualche giovane collega come Slaide Cleaves e Rod Picott. Registrato negli studi di East Nashville, ma con il cuore in Texas, Here Comes the Flood è un altro segnale della vivacità dei giovani songwriters americani di provincia.