NO RIVER CITY (Wolves and Fishes)
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  Recensione del  18/10/2007
    

"Drew de Man might be the best musician that no one has yet heard of, every bit the equal to Ryan Adams", così si esprime il retailer indipendente Miles of Music. Sottoscrivere certe iperboli è sempre un rischio e probabilmente non gioverebbe neppure alla fama già circoscritta di una piccola formazione quale quella dei No River City. Drew de Man li conduce per mano attraverso un songwriting di stampo classico, un country rock luminoso che profuma di anni settanta e si disseta alla fonte di Gram Parsons, passando attraverso la rilettura di Whiskeytown e Blue Mountain.
La differenza dove risiede allora? Perché Wolves and Fishes, secondo disco della band dopo l'esordio del 2003 This is Our North Dakota, suona così ammaliante pur nella sua canonica scelta di stile? Forse perché queste ballate hanno in bocca il sapore di una semplicità disarmante, costruite su una catena di melodie aperte, lunghe cavalcate elettro-acustiche dove contano impercettibili sottigliezze e poco importa dei soliti accordi. Prodotto da una nostra vecchia conoscenza, il chitarrista e autore Teddy Morgan, Wolves and Fishes non è il disco che salverà il rock delle radici, ma è certamente una delle più belle improvvisate a tema ascoltate quest'anno.
Ristrutturata la band dopo l'abbandono della compagna Terri Onstad, De Man si è assicurato i servigi di Eric Amata alle chitarre e Nathan Green all'organo e piano, quest'ultimo elemento chiave nel rendere pastoso il suono di ballate spesso scarne e meditabonde. Infatti, se l'iniziale sussulto di Two Sad Horses potrebbe far pensare ad un disco più "disimpegnato" e dalla verve quasi honky tonk, nel procedere nostalgico di Way Home Soon si svela l'essenza dei No River City: la specialità della casa sono dunque considerazioni un po' amare e malinconiche che prediligono tempi rilassati, interminabili e languide canzoni tra cui spiccano Bears, oltre sette minuti, Fancy Little Fire, chitarre organo e piano che distendono melodie pacifiche, toccando il vertice per intensità e afflato nella conclusione di Dissolved in Your Whisky.
Sono otto minuti a loro modo geniali: una ballad fatta di saliscendi roots rock e ottimi incastri vocali, dove Drew De Man sfodera un'interpretazione inappuntabile e la band segue a ruota fino all'esplosione elettrica del solo finale, molto "younghiano" nella sua imprecisione arruffata. Al trotterellare ruspante di Leftover Men & Machines, nonché all'energia coinvolgente di una sintomatica Raised by Outlaws (titolo e testo dicono tutto), sono invece relegati i momenti musicali più spensierati, le sparate più squisitamente alternative country, nobilitate infine nel gustoso country elettrico di Jacy Farrow…che per chi non ne fosse a conoscenza è il nome della "femme fatale" tra i protagonisti dello splendido "L'ultimo spettacolo" di Larry McMurtry (edito da Mattioli 1885): chiunque abbia il coraggio di scriverci sopra una canzone e immaginarne una nuova storia andrebbe premiato.