DON MICHAEL SAMPSON (Shadow Horses)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  18/10/2007
    

La lista degli ospiti questa volta è leggermente più contenuta, ma la sostanza non cambia: sembra che per il misconosciuto Don Michael Sampson, songwriter che divide la sua attività fra il New Mexicon e Nashville, si faccia letteralmente la fila per entrare in studio. Il decimo capitolo della sua storia artistica, marginale e nonostante tutto onestissima, annovera l'immancabile parterre di ammirati musicisti, amici e colleghi che prestano un briciolo del loro tempo per confezionare il sound più consono possibile alle aspre ballate di Sampson.
Sono difatti confermate le partecipazioni di Ben Keith (pedal steel) e Chad Cromwell (batteria), reduci da lunghe battaglie con Neil young, e soprattutto le chitarre di Warren Haynes (Gov't Mule), che guarda un po' si mostrano più contenute del solito, assecondando lo stile da troubadour del nostro protagonista. Aggiungiamoci il basso di Michael Rhodes, il piano di Larry Knechtal e il meno noto ma assai utile Barry 'Byrd' Burton all'elettrica e dobro ed avremo il quadro della situazione: un disco sensibilmente più rustico del precedente Dashboard Angel, ma altrettanto spartano nel condividere le ombre del deserto e di un country rock settantesco, in venerata contemplazione di mestri quali Townes van Zandt e Guy Clark. Restless Train, ad esempio, accoglie già tra i capelli il vento delle praterie raccontate mille volte in ambito country rock, il resto lo assicura un ottimo supporto delle backing vocals femminili (Vickie Hampton e Kim Fleming). Wild Horses Run è fatta della stessa pasta, anche se pencola in territori più rock'n'roll, grazie al piano di Knechtal che detta legge.
La laconica cantilena di Lonesome Blue Dove ci sposta ai margini di una qualsiasi cittadina di frontiera, mentre lo sbuffante roots sound di Early Morning Silver, con un dobro in odore di bluegrass, è figlio del Sud. Sampson non possiede purtroppo una voce epocale, e questo lo ha sempre penalizzato, ma non difetta di immaginazione "Americana" nei testi (fra treni, cavalli e angeli c'è tutto un mondo che ben conosciamo) e sa condurre una ballata verso il cuore della tradizione. Di questo passo, se le solitarie Broken Empty Stars e Drive On Johnny Cash risultano alquanto indigeste e noiose, l'oscura cadenza folk di Black Kentucky Coal e il gustoso cioncolare country rock di Dreaming Wine paiono davvero sbucare da un vecchio vinile del compianto Van Zandt. Alternando sussulti e pause acustiche Shadow Horses è un altro paragrafo da aggiungere alla irreprensibile carriera di Don Michael Sampson, se non proprio essenziale, almeno tra i suoi più godibili.