Da quando, nel 1999, ha pubblicato l'autogestito
Drag Queens in Limousines,
Mary Gauthier ne ha fatta di strada. Quel disco, che aveva ricevuto il plauso della critica internazionale (quattro stelle su Rolling Stone, artista emergente dell'anno e così via), ha liberato la creatività di una artista straordinaria che, fino a qualche mese prima, aveva vissuto nel più completo anonimato. È vero che aveva già pubblicato un disco,
Dixie Kitchen, che era passato più o meno inosservato, ma Mary aveva bisogno della fiamma, della speranza, della luce: e Drag Queens gli ha dato queste cose e molte altre ancora. Gli ha aperto la via alla musica, alla professione di musicista, e la musica la ha salvata.
Poi è arrivato Gurf Morlix, che di donne musiciste se ne intende visto che era dietro al banco di regia di
Car Wheels on A Gravel Road di Lucinda Williams, che ha prodotto
Filth and Fury ed il recente
Mercy Now. Ed i due dischi hanno consacrato definitivamente Mary. Artista dell'anno, autrice di grande spessore, poetessa del country, gothic country singer, country noir princess: questi e molti altri i titoli dati a lei ed alla sua musica. Ma Mary, malgrado il plauso dei critici ed i favori del pubblico, non ha spostato di una virgola il suo modo di fare musica, la sua sensibilità di artista, ed ha continuato a scrivere con la stessa voglia e la stessa testardaggine.
Ma, siccome è in continuo progresso, ha voluto farsi aiutare da un produttore più estroverso e meno tradizionale di Morlix ed ha scelto proprio
Joe Henry, cantautore, artista assolutamente eclettico, ma anche produttore mirato ed altamente qualitativo. Henry ha prodotto poche cose, ma ha sempre scelto oculatamente chi produrre e cosa produrre. E
Between Daylight and Dark si può considerare il capolavoro di
Mary Gauthier. Contro ogni previsione è il suo disco meno nero e più country, ma i testi sono sempre forti e la musica sempre più convincente. Joe Henry non ha fatto altro che dare più forma ai suoni, mettere un pianoforte dietro alla voce profonda e sofferente della Gauthier, quindi chitarre, sezione ritmica ed anche una steel guitar. Le atmosfere sono sempre tristi e profondamente malinconiche, ma la musica è più calda ed avvolgente ed il risultato è un disco di grandi canzoni.
Prendete
Soft Place To Land con quel piano limpido, la steel sul fondo e la voce tesa ma rilassata al tempo stesso, oppure
Please con Mary che racconta e si lascia andare in una canzone assolutamente bella, country al punto giusto, sempre avvolta da un pianoforte discorsivo. E questi sono solo due degli episodi, ma mostrano chiaramente che Joe Henry ha saputo scegliere toni e suoni, ed ha costruito il suo gap sonoro in modo adeguato, lasciando comunque spazio alla voce forte ed alla personalità intensa e sofferta dell'autrice.
Between Daylight and Dark è il disco più bello di Mary perchè non lascia nulla al caso. Come la sua partner musicale Lucinda Williams, Mary Gauthier sa quello che vuole e sa dove andare. Per questo disco Henry ha chiamato in sala alcuni musicisti fidati come Greg Leisz, Van Dyke Parks, Patrick Warren e persino Loudon Wainwright: ma se c'è un disco dove gli ospiti contano poco o nulla è proprio questo. C'è la Gauthier con le sue atmosfere e la sua voce profonda e quasi profetica, poi c'è il lavoro di Joe Henry che ha reso ricco e caldo il risultato ultimo.
Infine ci sono le canzoni. Cupe e riflessive. Parlano di perdite e delusioni, la vita non offre certo regali e felicità, anche se la sua amarezza è leggermente smussata (in
I Can't Find The Way Mary dice: "
Voglio andare a casa/Ma non riesco a trovare la strada" mentre in
Same Road "
Tornerò per stare con te, ma non posso restare/la stessa strada che mi ha portato a te mi riporta via"). C'è sempre molta amarezza nelle sue composizioni, ma il tessuto musicale è più ricco e le canzoni stesse più aperte, melodiche, ariose. Come la già citata
Can't Find The Way, dal passo lento e discorsivo, con il piano che puntualizza la voce di Mary.
Oppure la magnifica
Between The Daylight and The Dark, un valzer country bello e orgoglioso, tessuto su quattro strumenti, con il piano sempre in primo piano e la voce cupa e solitaria della Gauthier che racconta la sua storia. Non ci sono momenti di stanca ma solo canzoni da memorizzare come
Last Of The Hobo Kings, che parla di homeless, o
Please, che si apre lentamente e mostra le sue bellezze nota dopo nota. 0, ancora,
I Ain't Leaving e la finale
Thanksgiving.
Cinquanta minuti di grande musica: e
Soft Place to Land è la più bella canzone che Mary abbia mai scritto. È country, intensa, profonda, affascinante. Assieme al disco di Lucinda, questo è sicuramente l'album femminile dell'anno. E poi Mary si stacca definitivamente dall'ombra della sua grande conterranea per spiccare un volo ancora più privato e personale.