The Animal Years, quarto lavoro di
Josh Ritter uscito nel 2006 aveva fatto sobbalzare la critica sulle sedie, infatti, tutti ci eravamo espressi in modo pressoché unanime definendo il disco un piccolo capolavoro che lanciava il giovane Ritter nel ristretto novero delle grandi speranze della musica americana di questo inizio secolo. Ora Josh mescola le carte, come solo chi ha una personalità fuori del comune sa e può fare, dimenticate la cura della produzione e dei suoni che ammirammo, stravolge il suo metodo nello scrivere canzoni e ritirandosi, ad ogni break dei concerti, in una piccola fattoria tra i boschi del Maine, lavora su di un vecchio pianoforte e traccia le linee delle canzoni, occupandosi in seguito dei testi che prenderanno corpo con facilità grazie anche all'aiuto dell'amico e pianista Sam Kassirer.
Così è stato e, posizionati i fiati nell'attico e gli archi (della Great North Sound Society Orchestra) nel fienile è nato
The Historical Conquest of JR, un lavoro valido per qualità, varietà d'idee sia nei generi che nei suoni proposti, è interessante come l'autore riesca a far sembrare nuovo tutto ciò che nuovo non è, ascoltare questo album equivale ad intraprendere un viaggio con i sensi nei '60 e la mente nel terzo millennio, ma andiamo con ordine.
La partenza è un trittico di quelli che ti lasciano di stucco in particolare
To The Dogs Or Whoever parte come una outtake dal Dylan dei 70 ed è interpretata dal nostro senza battere ciglio e con la sicurezza di chi sa di essere in stato di grazia, il suono è secco, asciutto, quasi lo-fi, ma che pezzo!
Mind's Eyes si muove da dove si interruppero le migliori melodie dei fratelli Davies (Kinks) e si propone suscitando un senso di incomprensibile già sentito ma senza che si riesca a capire quando e dove;
Right Moves, un brano pop da sballo rifa il verso ai Beatles e qui fuoriesce tutta l'ammirazione di Ritter per McCartney; dopo un paio di brani folk di rimarchevole fattura si incontrano i pezzi migliori del disco,
Rumors è un brano che immagino, mentre scriviamo non abbiamo informazioni in tal senso, potrebbe essere il singolo apripista.
Poi il pregevole strumentale
Edge Of the World rompe il ritmo; ancora Beatles in
Wait For Love, poche note di piano ed una chitarra delicata mentre l'espressiva voce di Josh canta una melodia ipnotica; aumentano i giri del motore e parte una splendida
Real Long Distance anch'essa che guarda alla premiata ditta Lennon-Mccartney di Sgt. Pepper's; poi il r&r di
Next to the Last Romantic ci porta anche nei '50, questa potrebbe essere la sua maybellene; peccato che la successiva
Moons duri solo 50 secondi, l'idea era perfetta, avrebbe potuto articolarsi in un brano finito e diventare una delle preferite ma se la consideriamo quale intro alla delicata
Still Beating, allora ci siamo;
Empty Hearts e il brano più cospicuo, un folk rock mid tempo che evolve su di una melodia ariosa, con un bel crescendo finale.
Wait For Love semplice e piacevole, per percussioni chitarra voce e cori, chiude un disco che ci permette di valutare Ritter da una nuova angolazione, grazie alla sua capacità di cambiare e mettersi in gioco rischiando il tutto per tutto, dopo un disco quasi perfetto come il precedente, la magia gli riesce di nuovo e ciò ci da la certezza di avere tra noi un autore che possiede una marcia in più ed è in grado di spiazzare modificando di continuo il proprio percorso, forse questa era anche l'unica strada percorribile per non impantanarsi, a dimostrazione che il giovane è pure piuttosto intelligente.