LARRY JOE TAYLOR (Times)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  15/08/2007
    

Si può star certi che i "tempi" di Larry Joe Taylor siano del tutto particolari: placidi, rilassati, carezzevoli come la brezza che sale dalle acque di una baia tranquilla, ignari del significato delle parole "fretta" o "impazienza". In tanti l'hanno qualificato come il Jimmy Buffett del Golfo Del Messico, e una volta tanto la definizione calza a pennello. Nella serenità delle sue ballate c'è senz'altro qualcosa del Jimmy Buffett più sornione e compassato; ci sono forse meno tentazioni rock, che comunque di tanto in tanto affiorano anche nella scrittura di Larry Joe Taylor, ma c'è un comune e sconfinato amore per il mare e per le sue leggende, raccontate attraverso una posata dolcezza country-folk di volta in volta celebrante i troubadour degli anni '60, il cuore ruvido della musica made in Texas o lo spirito soavemente ironico di uno Steve Goodman, di John Prine o dello stesso Jimmy.
Va detto che i dischi di Larry Joe Taylor si equivalgono più o meno tutti. Non perché sono fatti con lo stampino, bensì in virtù di una ricorrente propensione a soffermarsi sui piccoli dettagli della quotidianità, sulle gioie minime dell'età adulta, su di una delicatezza country capace di raccontare i fatti di tutti i giorni con bonaria esattezza. Forse il più riuscito resta Coastal & Western (1994), l'esordio che lo descrisse alla stregua di un Guy Clark marinaro e altrettanto incline al cesello artigiano, ma anche il recente Summar Days ('03) non era affatto male, così come non lo era, per chiunque fosse in cerca di una rapida veduta d'insieme, il live acustico Port A To Port B(02).
Sulla stessa falsariga si muove anche il nuovo Times, un gioiello di album prodotto e suonato dall'immarcescibile Loyd Maines (che tra steel, dobro e mandolini si dimostra per l'ennesima volta un mago degli strumenti a corda) e ancora una volta dedicato alle piacevolezze delle cittadine appollaiate sulle spiagge americane, alla pigrizia delle giornate in riva al mare, alle beatitudini dell'invecchiamento. In Monkey Town Girl c'è persino un redivivo Jerry Jeff Walker a proferire stupidaggini assortite, eppure, nel contesto del disco, pure Jerry Jeff rischia di far la figura dell'esagitato caciarone.
Meglio allora rivolgersi alla squisita tessitura elettroacustica di una Too Much Rock (Not Enough Roll), scritta e cantata a quattro mani con Mike McClure, dove si ironizza sulle smanie delle celebrità contemporanee e il batterista Zack Taylor offre un vero e proprio saggio di simmetria percussiva. Oppure a ballate gentili come Beachfront Town e Lazy Days (due titoli che sono tutto un programma), alle suggestioni demodé (non ammuffite) dell'acustica Times Square, alla saggia malinconia di The Older I Get o al puro country texano di Wife Without Parole e It Just Don't Get No Setter Than This, quest'ultima cofirmata da Keith Sykes.
La conclusione è affidata a una canzone di Steven Fromholz, Isla Mujeres, e la combinazione tra texani illustri funziona a puntino. Nel frattempo c'è stata pure l'occasione per lanciarsi nel rock'n'roll boogie a tutta birra, peraltro interpretato con ogni crisma, di Gotta Get Out, tuttavia, come detto, le prelibatezze di Times sono rintracciabili anzitutto altrove. E poi insomma, le vacanze ai Caraibi non saranno certo alla portata di tutti, ma l'acquisto di questo cd probabilmente sì. Anche se cocktail e ventagli spettano a voi, garantisco personalmente circa l'equipollenza dell'effetto distensivo.