GURF MORLIX (Diamond to Dust)
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  Recensione del  15/08/2007
    

Doveste spulciare nella vostra discografia più orientata al roots, sono sicuro che il nome di Gurf Morlix spunterebbe fuori in più di una occasione. In caso contrario leggetevi la biografia sul suo sito, cercate alla voce produttori in quel di Austin, oppure chiedete direttamente ai colleghi, e scoprirete un musicista dal curriculum interminabile, praticamente sulla strada dalla fine degli anni sessanta. Il suo lavoro al fianco di Ray Wylie Hubbard, Lucinda Williams, Mary Gauthier e una miriade di altri artisti più e meno noti della scena Americana è la conferma della stima acquisita sul campo da questo chitarrista dal tocco country blues e con un suono riconoscibilissimo, sia nelle produzioni per conto terzi sia nei suoi dischi solisti.
Questi ultimi hanno iniziato a comparire con una certa regolarita soltanto nell'ultimo decennio, periodo in cui Gurf Morlix deve essersi deciso a concedere più spazio alle sue canzoni. Diamonds to Dust infatti è il quinto disco in sette anni e segue di tre l'interessante Cut 'N Shoot, probabilmente il più orientato alla tradizione honky tonk.
Con il nuovo lavoro Morlix torna invece parzialmente alle ballate polverose, a quel classico sound country rock texano che aveva contraddistinto i primi dischi, come dimostrano l'apertura di Killin' Time In Texas, epica cavalcata scritta a quattro mani con Troy Campbell (Loose Diamonds) e la successiva Madalyn's Bones, così come ricompaiono in scaletta - vedi la doppietta Food, Water, Shelter & Love e Up Against It - alcuni episodi chiaramente sbilanciati verso il blues (con l'armonica dell'amico Ray Bonneville), dove la chitarra swamp e paludosa del nostro può mettersi in mostra.
Purtroppo rimangono a galla anche i limiti già evidenziati in passato: quella voce che raspa un poco e si trova in affanno nei momenti più acustici (Blanket e Need You Now, con l'ospite Patty Griffin alle backing vocals, e più di tutte la cover di With God On Our Side di Bob Dylan) sembra suggerirci ancora una volta che Gurf Morlix sia soprattutto un grande gregario, un musicista e autore che può mettersi in mostra soprattutto lavorando dietro le quinte, dove ha dimostrato di sapere valorizzare al massimo il repertorio dei songwriter che ne hanno chiesto i servigi.
In Diamonds To Dust credo ci si debba accontentare di un discreto campionario country rock, che ha senza dubbio i suoi momenti di ispirazione (innegabile un certo fascino da parte della stessa title track, oppure di I've Got A Passion e Worth Dyin' For, le più elettriche e adatte alla timbrica vocale di Morlix), ma non sembra essere pronto per il salto di categoria.