C'è del buono in
Fabletown, opera prima di
Tim Scott, songwriter Texano di belle speranze, scoperto nel nostro vagobandare attraverso sentieri secondari della Roots music ed arrivato a noi solo oggi. Album autoprodotto, distribuito, suonato con un manipolo di sidemen poco noti (John Arredondo, batteria, Richard Bowden, violino, Keith Carper, basso, Jeff Plankehorn, dobro e mandolino, Michael O'Connor, chitarre, John Santos, armonica) ma che svolgono il loro compito egregiamente, si snoda attraverso gli amori e le influenze di Tim Scott, che ha passato gli anni della sua giovinezza a macinare vinili di Dan Fogelberg, Beach Boys, Steve Earle, Mellencamp, Tom Petty, non solo musicali ma anche cinematografiche (Clark Gable, Erroll Flynn, John Wayne).
Tutto questo si mescola a storie vissute ed ascoltate, ad una buona dose di immaginazione...ed ecco a voi
Fabletown. La padronanza con la quale
Tim Scott attraversa vari generi musicali gioca certamente a suo favore, dall'apertura elettrica e tirata di
The Old Man Walked Away si passa all'acquerello country-folk
Life With Lyndon, bella melodia segnata dal dobro e dal violino, senz'altro uno degli high points, al più saltellante, sempre in ambito country-folk seguito di
Fabletown, con piano e mandolino in evidenza.
Si attraversano territori più urbani, legati da un filo intimista e leggermente malinconico che prende voce in ballads come
Better Love e
Atlanta's Fall, con arrangiamenti di matrice elettroacustica, squarciati da raggi di sole come
Sweet Marie e
01' Train Whistle, fragranti folk-rock che aprono deliziosi paragrafi di stampo più tradizionale, fino alla chiusura affidata a
Hint Of Grace, altro pezzo in cui traspare la vena cantautorale di Tim Scott e
Don't Be Alarmed, rock deciso ancora con l'elettrica in evidenza.
Sicuramente un disco da non sottovalutare, che agli inevitabili peccati d'ingenuità di un'opera prima contrappone alcune canzoni davvero degne di nota, soprattutto su versanti legati alla tradizione.