Strano, avrei giurato si trattasse di un texano, invece scopro che
Michael P. Ryan è un ragazzo di New York, che ha vissuto però per un breve periodo nel Midwest americano e si è innamorato di un rock proletario, con chitarre roboanti e le radici ben piantate nella tradizione country di Austin. Il suono di questo esordio per la Right Road records, piccola label indipendente giunta alla sua terza uscita, si allinea perfettamente alle proposte del movimento Red Dirt e di certo rock stradaiolo alla
Cross Canadian Ragweed.
Con mezzi più scarsi, ovviamente, ma con un'anima comune, le otto ballate rock di Ryan, ben prodotte e con un taglio decisamente radiofonico (almeno per il circuito americano) mettono in risalto una componente roots rock classica, da autore di provincia, che si avvicina alla tradizione (è presente la pedal steel di Buddy Cage, oltre a mandolino ed accordion) ma si concede un suono più muscolare, con le tre chitarre degli amici e colleghi Conan, Rich Hayman e Ron Carbone, gente con cui il nostro protagonista ha collaborato in passato. Si tratta infatti del suo esordio come solista dopo essere stato per molto tempo bassista e vocalist in diverse formazioni locali. La scelta è quella giusta,
Ryan possiede una voce stentorea e quasi infallibile per il genere, supportata spesso dalla sorella Tracy. Solo otto brani, sostanzialmente un ep di venticinque minuti: una scelta intelligente, perchè non si sprecano inutili riempitivi e il nome può cominciare a circolare. Auguro sinceramente a Ryan di trovare l'aggancio giusto, leggasi un buon produttore, poiché la sua sua musica ha tutti i numeri per acciuffare un certo gusto country rock: si parte infatti con il piede giusto nell'heartland rock di
Writing on the Wall e
Duty Free, chitarre sparate ed una serie di riff che avremo sentito mille volte. Poco male, la stoffa c'è e le ballate cominciano a fornire le giuste indicazioni:
Change your Mind, oltre alla steel del citato Buddy Cage, vede la comparsa del sax di Brain Bird, donando un tono più malinconico alla canzone.
Quest'ultimo tornerà a farsi sentire in
Pretty Soon, anche se i veri colpi del disco sono la ballata rootsy
Man on the Moon, davvero un piccolo gioiello, e la gemella
Remember When. Nel finale torna a farsi sentire prepotente il tiro rock di
Run From Tomorrow, la quale assomiglia veramente troppo ai Cross Canadian Ragweed per non destare quelche perplessità, prima di chiudere il sipario con l'acustica, solo voce e chitarra,
I Still Believe, brano senza infamia e senza lode. Ci sono ampi margini di crescita, intanto segnamoci il nome di
Michael P. Ryan: magari sparirà nel nulla come tanti, altrimenti ce lo ritroveremo presto in qualche produzione made in Texas.