Ecco un country-rocker nostalgico che infischiandosene del mercato discografico di Nashville ha realizzato un disco come se fosse ancora nel lontano 1990, con l’aggiunta di una buona dose di irriverenza che è tutto un bollore.
Pete Berwick dall’Illinois non ha avuto vita facile per pubblicarlo, diverse noie con la casa discografica con cui inzialmente lo aveva inciso, ma
Ain’t No Train Outta Nashville anche se in ritardo con la tabella di marcia (un decennio!!) con le sue canzoni -che non hanno età- ci porta in un altro luogo dove non si ha la più pallida idea del corso del tempo.
La musica di questo artista apolide, narra di arrivi, partenze e ritorni. Di esistenze sospese tra nostalgia e desiderio, nella ricerca di altrove geografici, affettivi e dell’anima, dove approdare, a cui ritornare per subito ripartire, un viaggio la cui meta altro non è che lo stesso viaggio. L’errare è condizione esistenziale prima ancora che necessità storica, sociale, culturale. Sentire cosa combina nella scorribanda inziale di
Rebels And Cadillacs, forte come il vento che spira nel west, un country che viene da lontano, portatrice di irrequietezza, instabilità, disordine, una forza della natura giocata tutta sulla slide, certo quel piano sa proprio di saloon e whiskey e
Six Pack Town o
Rusted Ball and Chain ricordano un po’ il giovane ribelle Steve Earle mentre discorre della provincia americana, ma poi come si fa a non aver simpatia per un artista che scrive una ballata come
When I'm Gone (ma anche
Only Bleeding), armonica e malinconia rootsy che si porta addosso tutto lo spaesamento e la solitudine dell'uomo che sceglie la strada al proprio amore.
Saranno una ventina, gli anni trascorsi a percorrerla, un paio di dischi poi Chicago prima di rituffarsi nel suo passato,
The Years We Left Behind, ma dopotutto canzoni come la splendida
Devil Knows His Name hanno quel piglio western-rock che mettono in scena la realtà per poi bruciarla, riprendere oggettivamente frammenti di vita per poi divorarli, e calzano i nostri tempi con estrema scioltezza, dai rockacci nervosi di
I Ain't Him e
Can't Hide the Tears, al country della title-track alla conclusiva
This Used to Be a Town e proprio nella provincia americana
Ain’t No Train Outta Nashville vive con i suoi continui rimandi al passato.
Ma
Pete Berwick è un’uomo dalla mentalità aperta con lo sguardo che studia la realtà per potervi trovare espedienti di sopravvivenza. È uno che, in fondo, non si rassegna e questo disco ne è la riprova.