Un debutto da ricordare.
Danny Flowers, navigato musicista di Nashville, chitarrista e session man, cantautore e appassionato studioso della tradizone americana, ha realizzato un disco che, per molti versi, fa il paio con lo stupendo Universal United House of Prayer di Buddy Miller. Ci sono molte analogie: dalla musica che richiama molto la tradizione blues e gospel, al suono scarno ma diretto, all'uso della voce che distilla le parole. Un disco intenso e profondo dove la musica delle radici, il country ed il blues sopratutto, abbracciano il gospel.
Un disco religiosamente intenso che mischia fede e melodia, forza e passione e che porta Danny Flowers alla ribalta, dopo una vita passata volutamente dietro le quinte. Che si tratti di un musicista fuori dalla norma si capisce sin dalle prime note, dalla country deep ballad
Tools For The Soul, in cui Danny viene affiancato dalla voce angelica di Emmylou Harris. E la presenza della Harris fa rizzare le antenne. E' vero che Emmy fa duetti a destra ed a manca, ma li fa con chi le piace, e Danny sicuramente è tra i suoi preferiti, vista la qualità del disco.
Tools For The Soul è un album che tocca nel profondo che mischia cuore e passionalità, forza ed intimità, preghiere e melodia e che mette sul piatto una manciata di canzoni di grande spessore.
Quello che sorprende in prima battuta è la forza di Flowers, la sua profondità d'animo ma anche la sua perfetta conoscenza della musica del Sud e delle sue tradizioni. Attorniato da pochi musicisti, ma di talento, come John Cowan, Steve Mackey, Lynn Pennebaker, Kevin McKendree e Bill Miller, Flowers scrive canzoni che hanno la forza e l'intensità di brani presi dalla tradizione. Basterebbero l'iniziale
Tools For The Soul oppure il blues voce e slide
Born To Believe, che ha una forza interiore granitica o la gospel ballad
Reason to Try, voce e piano, per capire che ci troviamo di fronte ad un disco speciale. Ma poi ci sono altre canzoni che mostrano che Flowers non è una meteora, ma un musicista solido e preparato che non getta via nessuna nota.
Così scorrono
At The Open Door, che ha una melodia tinta nella tradizione, la reggata
What Would The Father Say, la dolce
Prayer Song (ancora in doppia voce con Emmylou).
Ready to Cross Over sembra uscita dalla colonna sonora di Oh Brother, mentre
Ungodly è elettrica, quasi rock. L'album si chiude con la pacificante
World Enough And Time ed il valzer country
I Was A Burden.