Ci si sarebbe aspettato di più dai
Golden Smog, il supergruppo della no depression generation nato alla fine degli anni ottanta per iniziativa di alcuni membri dei Jayhawks (Gary Louris e Marc Perlman), dei Soul Asylum (Dan Murphy), dei Run Westy Run (Kraig Johnson) che sotto mentite spoglie si divertivano a suonare classici dei loro idoli giovanili: gli Stones, gli Eagles, i Thin Lizzy e i Bad Company. Poi il gioco si è fatto più grande e i Golden Smog hanno cominciato a incidere dischi e ad arruolare compagni di ventura ma non hanno mai fatto il botto, sia a livello commerciale sia a livello artistico. Nel 1992 hanno inciso
On Golden Smog e nel 1996 quello che è considerato il miglior frutto della loro unione,
Down By The Old Mainstream, un intreccio di pop, rock e country con rimandi ai Byrds.
Ci sono state altre incisioni nella loro avventura artistica e nelle loro fila è passato anche Jeff Tweedy di Wilco e uno dei membri fondatori dei Big Star, Jody Stephens. Qualche mese fa è uscito un nuovo album
Another Fine Day ma è passato quasi in silenzio, ora arriva, col titolo che parafrasa il celebre disco di Dylan del 1974, un appendice di quel disco: un ep di otto canzoni che riassumono nel giro di venticinque minuti la gamma delle influenze musicali dei Golden Smog, Le cose rilevanti riguardano una bella e trascinante versione di
Starman del Bowie Stardust e due originali,
Can't Even Tie Your Own Shoes e
Look At You Now che portano a galla una sentita vocazione pop e glam del gruppo, un lato sempre presente nelle loro composizioni fin dagli inizi, giustificato dall'amore verso i Faces, David Bowie, i Mott The Hoople, il rock inglese in generale, i Big Star.
In questo ambito i
Golden Smog ci sanno fare e risultano credibili, senza scimmiottare un genere lo rinfrescano con una buona dose di modernità e gli danno una verve tutta loro. Meno arzilli paiono quando tentano di rifare le Violent Femmes con la scheggia di
Insecure o creano strane alchimie pop (
Scotch On Ice) partendo con Dylan e finendo con coretti e voci alla Beatles o addirittura tentano la carta della lounge music con un intermezzo strumentale (
Magician) al ritmo di samba.
Nella cover di
Tarpit dei Dinosaur Jr. riescono invece a ricreare il paesaggio lunatico e acustico del gruppo di J.Mascis, rispettandone l'andamento un po' stranito e sballato e dove fanno veramente bene è in
Without A Struggle che ha belle chitarre acustiche e slide (Dan Murphy e Kraig Johnson), voci giuste, un'armonica in sottofondo e quella dolente atmosfera bluesy che ricorda gli Stones influenzati da Gram Parsons, No Expectations per intenderci. Un aspetto che i Golden Smog dovrebbero esplorare più a fondo.