GOLDEN SMOG (Blood on the Slacks)
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  Recensione del  15/08/2007
    

Ci si sarebbe aspettato di più dai Golden Smog, il supergruppo della no depression generation nato alla fine degli anni ottanta per iniziativa di alcuni membri dei Jayhawks (Gary Louris e Marc Perlman), dei Soul Asylum (Dan Murphy), dei Run Westy Run (Kraig Johnson) che sotto mentite spoglie si divertivano a suonare classici dei loro idoli giovanili: gli Stones, gli Eagles, i Thin Lizzy e i Bad Company. Poi il gioco si è fatto più grande e i Golden Smog hanno cominciato a incidere dischi e ad arruolare compagni di ventura ma non hanno mai fatto il botto, sia a livello commerciale sia a livello artistico. Nel 1992 hanno inciso On Golden Smog e nel 1996 quello che è considerato il miglior frutto della loro unione, Down By The Old Mainstream, un intreccio di pop, rock e country con rimandi ai Byrds.
Ci sono state altre incisioni nella loro avventura artistica e nelle loro fila è passato anche Jeff Tweedy di Wilco e uno dei membri fondatori dei Big Star, Jody Stephens. Qualche mese fa è uscito un nuovo album Another Fine Day ma è passato quasi in silenzio, ora arriva, col titolo che parafrasa il celebre disco di Dylan del 1974, un appendice di quel disco: un ep di otto canzoni che riassumono nel giro di venticinque minuti la gamma delle influenze musicali dei Golden Smog, Le cose rilevanti riguardano una bella e trascinante versione di Starman del Bowie Stardust e due originali, Can't Even Tie Your Own Shoes e Look At You Now che portano a galla una sentita vocazione pop e glam del gruppo, un lato sempre presente nelle loro composizioni fin dagli inizi, giustificato dall'amore verso i Faces, David Bowie, i Mott The Hoople, il rock inglese in generale, i Big Star.
In questo ambito i Golden Smog ci sanno fare e risultano credibili, senza scimmiottare un genere lo rinfrescano con una buona dose di modernità e gli danno una verve tutta loro. Meno arzilli paiono quando tentano di rifare le Violent Femmes con la scheggia di Insecure o creano strane alchimie pop (Scotch On Ice) partendo con Dylan e finendo con coretti e voci alla Beatles o addirittura tentano la carta della lounge music con un intermezzo strumentale (Magician) al ritmo di samba.
Nella cover di Tarpit dei Dinosaur Jr. riescono invece a ricreare il paesaggio lunatico e acustico del gruppo di J.Mascis, rispettandone l'andamento un po' stranito e sballato e dove fanno veramente bene è in Without A Struggle che ha belle chitarre acustiche e slide (Dan Murphy e Kraig Johnson), voci giuste, un'armonica in sottofondo e quella dolente atmosfera bluesy che ricorda gli Stones influenzati da Gram Parsons, No Expectations per intenderci. Un aspetto che i Golden Smog dovrebbero esplorare più a fondo.