SCARECROW COLLECTION (Radio Frequency Disaster)
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  Recensione del  15/08/2007
    

Ecco una band di cui sentiremo parlare a lungo. Gli Scarecrow Collection sono un quintetto originario del New Jersey, e hanno alle spalle un disco autodistribuito uscito qualche anno fa, dal titolo Hooked And Shattered, ma è con questo Radio Frequency Disaster che ci consegnano il loro esordio "adulto". I cinque, pur venendo dal Garden State, ed essendosi esibiti anche al mitico Stone Pony di Asbury Park, non assomigliano né a Springsteen né a Southside Johnny, ma hanno un sound classico, rock al 100%, con appena qualche spruzzata di soul qua e là. Il paragone più vicino è quello dei Black Crowes, ma anche dei Faces (che, a voler vedere, sono la maggiore influenza anche dei fratelli Robinson), un sound tosto e roccato, di stampo quasi sudista, con chitarre e pianoforte sugli scudi ed arrangiamenti che si rifanno alla più classica rock music anni settanta.
Gerard Fee è il lead vocalist ed anche il principale autore del gruppo (una voce limpida e forte, molto espressiva) ben coadiuvato dal fratello Joseph alla batteria, da Nick Setteducato alle chitarre soliste (molto bravo), Michael Sojkowsky al basso e, soprattutto, da Edward Fritz al pianoforte ed organo, un musicista coi controfiocchi, di una liquidità impressionante, la vera arma in più del quintetto. Tredici brani autoprodotti in maniera molto professionale, e non un secondo da buttare. I Won't Leave You There apre l'album: una rock ballad piuttosto attendista, dagli umori leggermente blues, ben guidata dalla voce chiara di Fee.
Con Grateful si entra nel disco: puro rock classico anni 70, dagli stacchi di chitarra, alla ritmica spezzata, all'uso dell'hammond, ed il cambio di melodia e ritmo nel refrain è da applausi. Se voleva essere un omaggio ad un tipo di sound, l'esito è perfetto, altrimenti...è "solo" una grande canzone rock. L'intro di Act That Way non lascia dubbi: i ragazzi mangiano pane e rock, e ci sanno fare alla grande. Con All The Things siamo alla ballad discorsiva, quasi alla Allman, con ottimo uso del piano e grande slide: un brano adatto agli open spaces, ed ennesimo pezzo di bravura di Fee e soci.
La pianistica Faster (Marc Cohn goes southern?) calma un po' le acque (ma sentite che piano, il finale strumentale è strepitoso). Con Put You Down siamo in puro southern mood, ed il binomio Faces-Crowes è più vicino che mai; Don't Ever Change è una delicata ballata piena di umori soul, calda nei suoni e ricca di pathos. Ci avviamo alla fine senza sbavatura alcuna: citerei ancora la vibrante Shadows, la maestosa Bottle, stupenda rock ballad che più classica non si può, Sometimes, ancora pianistica ed affascinante, Moon Will Always Rise, assolutamente creativa e godibile, piena di idee, stacchi, cambi di ritmo e chi più ne ha più ne metta. Memorizzate il nome Scarecrow Collection: come ho già detto all'inizio, sentiremo ancora parlare di loro.