JOHN EDDIE (Who Hell is John Eddie?)
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  Recensione del  31/03/2004
    

Chi diavolo è John Eddie? Con questa domanda Eddie intitola il suo nuovo cd. Forse è una domanda che pone a se stesso, arrivato alla maturità, artistica e non solo. Comunque sia, al di là di interpretazioni pseudopsicanalitiche, il titolo brilla per auto ironia, indice di grande intelligenza. John Eddie fa parte di quella schiera di artisti che grazie al successo planetario di Bruce Springsteen, ha goduto delle luci di una ribalta altrimenti distratte ad illuminare fenomeni di plastica. Eddie vive nel New Jersey, come Bruce, e come lui è una figura schietta, con ben in mente qual è la sua ragione di vita: il rock'n'roll. Espressione sincera, senza riserve mentali, me lo immagino sul palco ad applicare la filosofia del boss, secondo la quale se si suda, e tanto, si può ritenere di aver lavorato bene.
Ha suonato in migliaia di bar più o meno fetidi, dove l'avvinazzato pubblico si domandava "Ma chi diavolo è John Eddie?". Fino ai duetti col Boss sul palco dello Stone Pony. E allora a domandarsi chi diavolo fosse John Eddie si è messo anche il mondo discografico. Sempre in predicato di diventare "the next big thing", come si legge sul suo sito, forse è arrivata la volta buona che la fortuna gli arrida. "Who Hell Is John Eddie" è prodotto da Jim Dickinson, una garanzia. A dare una mano al nostro sono stati chiamati artisti di qualità come Kenny Aronoff, alla batteria, Kenny Aaronson al basso (ha suonato tra gli altri con Dylan), Tiff Merritt, melatamente sempre più presa in considerazione negli ambienti giusti, ai cori in alcune canzoni.
E arriviamo al punto forte del ed, le canzoni. Ballate in cui disperazione e malinconia, ma anche fede e speranza (spesso presenti nelle canzoni dei rocker che più amiamo) si mescolano e, supportate da melodie dirette, fatte di rock, roots, r'n'b e soul, diventano piccoli gioielli da ascoltare in continuazione. Come l'iniziale If You're Here When I Get Back, sinuosa e arricchita dalla voce di Tift. Canzone d'amore, quello vero, senza fronzoli, è una di quelle ballate che si fanno amare a lungo; o la disperata dolcezza di Jesus is Coming, in cui la spiritualità e il bisogno di credere si intrecciano con uno smarrito senso di abbandono ("...Jesus, if you're coming/I hope you're coming tonight/ 'Cause i'm alone in the darkness/ And i could sure use the light..."). Le influenze di Eddie si ripresentano in Family Tree, in cui si rolla con passione, e ancor più nella travolgente Low Life. Riguardo questa canzone, Eddie afferma di essersi sentito come un Randy Newman che si incontra/scontra con i Rolling Stones.
Metteteci anche un pizzico di John Mellencamp, e il quadro è completo. Con il valore aggiunto che la personalità di John Eddie esce fuori alla grande, affrancandolo dall'etichetta di semplice emulo. I riferimenti ci sono sempre, ma sono un rafforzativo, e non solo un termine di paragone. La calma apparente delle ballate rappresentano il punto di forza del cd. Come in Everything o Place you go (ancora con la Merritt). Non mancano pezzi "forti", come la tosta Nobody's Happy o la "cattiva" Shithole Bar, sferzata di chitarre ed energia. 0 come la "little bastard oriented song" (piaciuta questa?) Forty, dove con rabbia canta l'orgoglio di noi nostalgici, malinconici, splendidi "fucking" quarantenni. Con un paio di frecciate niente male al Boss e ai Rolling Stones.
Play Some Skynyrd è la canzone che ha fatto commuovere Jim Dickinson. Vera pietra angolare di tutto il lavoro, difficilmente si leggono liriche così sinceramente autobiografiche. John Eddie fa il bilancio della sua vita artistica, e per uno come lui ciò significa fare il punto della sua stessa esistenza. Con una umiltà ed una lucidità disarmante, John canta i suoi dubbi e le sue paure, i suoi limiti (ma sarebbe meglio dire le sue peculiarità). E con ciò, canta anche la sua forza: «...when they say, "Play some Skynyrd, play some Petty, play some Seger, play like Dead, who the hell is John Eddie? ...then the drunk starts to chant, "Play some Ronnie Van Zandt". I whisper, "I just can't"...».
La chiave di volta dell'intero ed. Chiude il lavoro l'acustica e roots It Doesn't Get Better Than This e due ghost track. Un cd valido da tutti i punti di vista. La domanda iniziale mi piace pensare trovi risposta nella dedica che Eddie ha voluto fare per questo album: "A mia madre, il cui amore, humor, senso della vita hanno fatto di me chi diavolo sono…". Valori morali, umanità, sentimenti, amicizia, sincerità, amore, passione. Sudore. Ecco chi diavolo è John Eddie.