Andy Friedman è newyorchese, di Long Island, e da qualche anno si occupa delle illustrazioni dell'immarcescibile periodico New Yorker. Che la pittura, per lui, non sia un'attività come tutte le altre lo dice a chiare lettere in
One Thing I Want, dove ci fa sapere, mentre in sottofondo
Jeffrey Foucault e Kris Delmhorst ricamano le harmonies, che se c'è una cosa che proprio vuole dalla vita, oltre alla possibilità di suonare alla Town Hall, è una bella esposizione dei suoi quadri in una galleria d'arte.
Ma One Thing I Want è soltanto l'ultima delle dieci canzoni di
Taken Man: nel frattempo, Friedman ci ha anche spiegato che non vuole morire come Andy Kaufman, che a Brooklyn si conducono vite alcooliche da bohémienne, che gli è capitato di conoscere il deus ex-machina dei Silver Jews (lo racconta nella spassosa David Berman), che un tempo aveva una ragazza con cui bighellonava per le autostrade americane ascoltando Joni Mitchell. Insomma, tutto l'armamentario, che vorrebbe essere tremendamente ironico e up-to-date e invece è soltanto "tipico", già sentito, già visto e già letto, del flâneur metropolitano intento a spacciare per chiacchiera qualsiasi le sue riflessioni sui massimi sistemi.
Nulla di male, per carità, soprattutto se si ha senso dell'umorismo sufficiente a divertire per una mezz'oretta, cioè a dirsi il tempo che serve a Taken Man per intrattenere l'ascoltatore con i suoi quadretti di vita in città. Talvolta, però, si è tentati di affermare che le cose sarebbero andate anche meglio se Friedman avesse in parte trattenuto la sua indubbia vena comica allo scopo di concentrarsi un po' di più sulle canzoni e sui loro contorni, a lungo andare ripetitivi e sin troppo sgangherati.
Lui non è d'accordo, perché, come dice in
I Don't Want To Die Like Andy Kaufman, "
se pensiate che io sia stonato allora siete completamente fuori strada / dovreste ascoltare come vi sento io da quassù!", ma io resto convinto del fatto che la sua scrittura, in fondo, non sia abbastanza interessante per permettersi battute di questo tipo. Certo, il dischetto dal vivo allegato in omaggio alle prime copie di
Taken Man lascia trapelare un magnetismo non comune nel tenere il palco, il suo country sghembo e bevuto, nei momenti migliori, può persino ricordare l'estro di un Kinky Friedman e alcune soluzioni sonore, su tutte la scassata elettricità della ballad strappacuore
Guys Like Me Don't Get Grants, colpiscono nel segno.
Eppure, ad onta della bravura del gruppo che l'accompagna, gli Other Failures (con l'armonica dylaniana di Jeff Romano a svettare sul resto), rimane l'impressione che il talento di Andy Friedman debba ancora imparare a concedersi un pizzico di disciplina in più. Manca poco per trasformare gli spunti migliori di
Taken Man in un ottimo disco, ma del resto, come si sa, ogni follia necessita di un suo metodo.