JEFF FINLIN (Angel in Disguise)
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  Recensione del  20/05/2007
    

Jeff Finlin è un outsider di qualità che sembra seguire una strada tutta sua, senza rispondere ai calendari, alle scadenze, agli appuntamenti o alle tabelle di marcia standard che, in un modo o nell'altro, l'industria discografica impone. Originario di Cleveland, Ohio, ha cominciato in una discreta rock'n'roll band, i Thieves, prodotta all'epoca di Seduced By Money da Marshall Crenshaw. Già la vita all'interno di un gruppo deve essergli sembrata fin troppo complicata visto che nel giro di un paio d'anni ha cominciato a vagabondare da solo sulle strade d'America, nella marea di songwriters in cerca di fortuna.
Di quel periodo a metà degli anni Novanta rimangono, e i titoli sono già piuttosto espliciti, l'autoprodotto Lonely Light e soprattutto lo splendido Highway Diaries. Con una voce sgraziata, tra Tom Petty e Bob Dylan (due nomi che dovrebbe conoscere ben bene) e con non pochi accenti springsteeniani (Highway Diaries ne era farcito in profondità), Jeff Finlin ha mandato segnali di vitalità, pur con tempi tutti suoi e una frequenza molto relativa. L'ultima cartolina, Somewhere South of Wonder, risale al 2002 e questo recente Angel In Disguise ne perfeziona le intuizioni. Fedele al suo status, Jeff Finlin fa tutto da solo, o quasi, facendosi aiutare soltanto da pochi e sceltissimi collaboratori, in particolare dalle chitarre di Will Kimbrough.
A differenza di molti dischi self & homemade che tendono a diventare monocordi, Angel In Disguise è invece ispiratissimo e ricco di idee e si risolve nel parto più personale ed efficace di Jeff Finlin. Una buona fetta del merito tocca al suo songwriting che in Angel In Disguise si rivela variegato e coraggioso nel cercare soluzioni atipiche, se non proprio originali. Il menù comprende le trascinanti Better Than This, con la slide guitar in evidenza, e Angel In Disguise che è un superbo rock'n'roll versante Tom Petty, anche se il tema ricorrente del disco sono quelle ballate rarefatte e romantiche come Bringing My Love, affascinante con le atmosfere che ricordano Lyle Lovett e su questo tema ancora di più The Long Lonesome Death Of a Travelling e Man Moon Man, splendidamente acustica. In più c'è il taglio di Break You Down, Postcard From Topeka, Forever Green e Soho Rain che, con il piano molto in evidenza, tradiscono un gusto pop ereditato da Elvis Costello, una delle influenze dichiarate apertamente da Jeff Finlin.
L'uso intelligente e misurato delle tastiere, bilanciato dalle chitarre di Will Kimbrough, è uno dei tratti distintivi di Angel In Disguise e produce alcuni dei passaggi più intriganti: il sinth American Dream#109 che sembra un violino di John Mellencamp, Don't Know Why prende le idee migliori dello Springsteen a cavallo tra Tunnel Of Love e Human Touch e la lullaby finale di Nothing's Enough è molto jazzata e tendente all'ultimo Tom Waits. Consigliatissimo.