JERRY JOSEPH & THE JACKMORMONS (Conscious Contact)
Discografia border=Pelle

        

  Recensione del  26/02/2004
    

Il panorama musicale americano è pieno di artisti che pur lottando da una vita e dimostrando di avere anche buone carte, non hanno mai avuto o voluto la mano vincente, quella che in una sola volta si prende tutta la posta in gioco: così per esempio Elliott Murphy, Calvin Russell o Jerry Joseph si barcamenano da anni tra centinaia di concerti ed album bellamente ignorati dal music business, facendo la gioia di incalliti cultori, ma senza mai centrare il colpo grosso o tentare il grande bluff, che forse nell'industria discografica di oggi vale molto di più dell'essere un ottimo giocatore.
La storia di Jerry Joseph e dei suoi Jackmormons è in fondo simile a quella di decine di altre bands: euforici esordi alla caccia di un contratto con una major, il tentativo di alleviare con vari abusi il dolore ricevuto dalle numerose porte chiuse in faccia, la sofferta risalita dall'abisso e la rinascita in una carriera onesta con qualche meritata soddisfazione e nessun ingaggio miliardario. Questo è in sintesi il background di Conscious contact, il nuovo album di Jerry Joseph, songwriter con la tempra del rocker, che per l'occasione è sceso al sud, dove in parte risiedono le radici della sua musica, per incidere ad Athens, Georgia in compagnia della locale sensazione del momento, i Widespread Panic.
Dave Schools, poderoso bassista dei Panic, produce Conscious contact e lo avvolge in una rigenerante aria di casa, invitando alle sessions compagni ed amici: il trio composto da Jerry Joseph voce e chitarra, Junior Ruppel al basso e Brad Rosen alla batteria è accompagnato in varie occasioni da Mike Houser e Todd Nance dei Widespread Panic, Chuck Leavell, Randall Bramblett, John Keane e Vie Chesnutt.
Nelle canzoni di Conscious contact si avverte una grinta degna di Springsteen, nelle chitarre un pizzico di Tom Petty, ma Jerry Joseph ha abbastanza personalità da guidare con mani sicure il proprio rock'n'roll show. Con voce rauca, Joseph urla un roots rock dalle pulsanti venature southern con chitarre in levare ed un instancabile traino offerto da una sezione ritmica dura come la roccia. Joseph allenta la tensione con qualche ballata come la lenta ed evocativa Pure life o con il country rock elettroacustico di Ten Killer Fairies, quasi'un numero da folksinger, ma in generale il volume delle chitarre elettriche rimane molto alto nella costruzione di un sanguigno rock 'n'roll ruvido e stradaiolo, che prende il via con il riff assassino di Coliseum e prosegue con la pettiana The Kind of place, mid-tempo rock dalla splendida melodia. Joseph tira fuori tutta la sua grinta nella dura e potente Ching-a-ling, nella springsteeniana Conscious contact e nella sorprendente The Fastest horse in town, ipnotico rock dai connotati southern, attraversato dai devastanti assolo della chitarra di Houser.
Le doti cantautorali di Joseph vengono sottolineate dall'intensa Your glass eye, armonica ballata accompagnata dal canto di Vie Chesnutt e dalla pedal steel di John Keane. Musicista energico e liricista onesto, Jerry Joseph mostra ancora una volta capacità decisamente superiori alla sua fortuna.