Non abbiamo mai fatto mistero da queste parti di provare una simpatia innata per losers e outsiders. Nelle categorie suddette
Chris Allen entra di diritto e chiede persino un posto in prima fila a giudicare dalla consistenza delle canzoni contenute nel suo esordio solista. La voce di questo rocker di Cleveland non ci giunge del tutto inedita, se è vero che la sua precedente creatura artistica, i
Rosavelt, avevano incrociato i destini di questo sito con il loro
The Story of Gasoline (2004). Band dal futuro incerto, nonostante qualche buona accoglienza di critica (anche l'ottimo
Paste ne aveva tessuto le lodi), hanno chiuso i battenti come spesso accade in queste situazioni: sogni troppo grandi, spazi troppo angusti per il loro rock'n'roll vecchia scuola.
Forse più disincantato, senza dubbio più aderente al proprio songwriting, il nuovo corso di Chris Allen riparte con undici canzoni che hanno il piglio del migliore Paul Westerberg solista e la spinta stradaiola di certo John Mellecamp. Artisti e relative discografie che Allen deve avere consumato fino alla noia, almeno stando ai segnali lanciati in apertura con la stessa title track e
Tilt-A-Whirl, un susseguirsi di up&down con chitarre mai sopra le righe, ma ben spianate ed una voce roca al punto giusto.
Goodbye Girl and the Big Apple Circus è disco fatto con ingredienti semplici eppure sempre più rari, un buon gioco di sponda fra melodia e chitarre, fra guitar rock di grana grossa (
Shotgun Sheels With One Good Love), magari vagamente imparentato con le radici, e ballate da Saturday Night, alla cui riuscita contribuiscono sia le liriche da short stories, sia una produzione di origine controllata dove mettono mano Don Dixon (anche basso e tastiere) e Mitch Easter (chitarre, effettistica), ovvero due magnati del college rock americano. I risultati si sentono eccome, perchè sarà anche vero che
Chris Allen non possiede un carnet di canzoni da capogiro o presunti capolavori, ma la contrapposizione fra schiaffi e carezze funziona fino alla fine.
Un merito da ascrivere anche alla solista di Doug McKean, il quale contribuisce a livello compositivo in alcuni episodi più folkie e pacifici come
Sweet Lorraine e
Guitly Heart. Le ballate, in abbondante presenza, sono a tutti gli effetti il piatto più succulento della raccolta: dalle più maliziosamente pop (
The Gold Rush) a quelle che sanciscono il talento di Allen nello sposare fondamenta folk rock e spinta melodica (
Time Bomb, deliziosa,
Back to Zero), fino al palese omaggio finale di
Trouble Drunk Parade, un pop rock ciondolante che avrebbe fatto un figurone su 14 Songs di Paul Westerberg o meglio ancora su All Shook Down dei Replacements. Nasce in gran parte li dentro l'ispirazione per
Goodbye Girl and the Big Apple Circus e per una volta non è detto che sia un difetto di fantasia.