L'ultimo disco del Texano risale al 2003 e si intitola
Streets of Sin. Poi, pur avendo mille progetti per la testa,
Joe Ely non ha pubblicato più nulla. Ora appare, a pochi giorni di distanza dal suo sessantesimo compleanno, con un nuovo disco, anzi due, un libro (
Bonfire of Roadmaps) e la propria etichetta. Joe ha deciso di fare in proprio e pubblica, a distanza di un mese l'uno dall'altro, ben due dischi nuovi. Il primo,
Happy Songs From Rattlesnake Gulch, è stato registrato negli ultimi tre anni e raccoglie più che altro ballate elettriche, brani rock ed un blues. Musica sparsa che ha il marchio indelebile del texano, la sua scrittura epica, la voce limpida e le chitarre al vento. Il secondo disco, che sarà disponibile quando leggerete questa recensione, si intitola
Silver City e raccoglie canzoni che Joe ha scritto all'inizio della sua carriera, vale a dire nei primi anni settanta, ma che ha registrato solo ora. Un disco più intimo, con una serie di affascinanti ballate, fatto con l'aiuto del fisarmonicista messicano Joel Guzman (che appare anche in questo che stiamo recensendo).
Quindi due dischi ben distinti, uno più rock, uno più folk 'n' country. Le due facce del rocker di Lubbock, dell'eterno ragazzo cresciuto alla corte di Buddy Holly e maturato assieme ai compagni di viaggio Butch Hancock e Jimmie Dale Gilmore. Poi, questa estate, dopo i vari concerti, ci sarà una session con i
Flatlanders per l'incisione del nuovo album. E poi altri dischi ancora. Joe vuole essere libero, era stato avvicinato dalla New West ma, in realtà, lui non vuole vincoli, così si è messo in proprio.
Rattlenaske Gulch non è un capolavoro, contiene brani rock corposi, una serie dal ballate elettriche: però alcune canzoni assomigliano molto ad altre che Joe ha fatto nel passato (
Me and Billy The Kid è la prima che mi viene in mente). Le prime otto canzoni sono le migliori del disco, con l'esclusione di
Firewater di Butch Hancok, una cover decisamente sottotono. Ed anche le tre che chiudono il disco non brillano per originalità.
Ma Joe rimane uno dei nostri favoriti: Rattlesnake Gulch contiene comunque musica di spessore, ben superiore alla media che circola oggi. La sua voglia di musica, la sua generosità, la sua forza, la sua scrittura epica sono qualità che ben pochi musicisti posseggono: il suo rock, bluesato ed influenzato dal country, le sue reminiscenze anni cinquanta, la sua tipica sensibilità texana sono elementi che sa fondere in modo personale.
Baby Needs A New Pair of Shoes sintetizza queste qualità in poco più di tre minuti: ritmo, una certa fantasia, ci sono anche i fiati (che ha usato poco) con la chitarra di David Holt che scava solchi profondi.
Sue Me Sue è molto rock and roll, con forti influenze anni cinquanta, ritmo ed ancora una bella chitarra (Rob Gjersoe, che la suona in quasi tutto il disco, lo stesso chitarrista che appare nel recente disco di Butch Hancok).
Hard Luck Saint ci presenta il miglior Joe Ely: ballata sospesa, la voce subito protagonista, echi western ed una chitarra arpeggiata. Anche
Jesse Justice ha elementi western nei suoi solchi, è fiera e decisa, solenne e profonda.
Joe non ha certo chinato la testa.
Miss Bonnie e Mister Clyde è la più vecchia, ma Ely ha deciso di metterla nel disco perché alla batteria c'è il vecchio amico Donald Lindley, morto agli inizi del 1999. Questa è l'ultima registrazione di Donald e Joe ha voluto ricordare l'amico. La canzone riprende un tema melodico classico del suo autore e racconta la leggenda di Bonnie & Clyde (sembra una nuova versione di
Me and Billy The Kid).
Little Blossom è una border song con la fisarmonica di Joel Guzman in bella evidenza.
Firewater di Butch Hancok (scritta dall'inizio degli anni ottanta) viene rifatta in maniera particolare, quasi fosse un brano rhythm and blues, con tanto di fiati. Un'idea originale, ma la canzone non funziona. Decisamente meglio la lunga
July Blues, una brano quasi psichedelico in cui la magica chitarra di David Grissom mostra, ancora una volta, le qualità del suo padrone.
Peccato che David non sia più continuo, non sia in una band vera e propria e stia spesso ai margini della scena. Ascoltate
July Blues e capirete il perché del mio rammarico. Il disco si chiude con
Up a Tree, la roccata
So You Wanna Be Rich? e la meno convincente
River Fever. Sono sotto la media, rispetto alle prime. Joe è tornato e vuole rimanere tra noi a lungo, adesso gli serve un disco di maggiore sostanza.
Silver City potrebbe già cambiare le cose.