Il figliol prodigo è tornato a casa. Dopo avere lasciato la Universal, che lo aveva ospitato dal 1979 al 1997, dopo avere passato qualche anno senza quasi lasciare il segno alla Columbia (1998-2003, con la sola eccezione del rigoroso
Trouble No More), John è tornato alla vecchia casa discografica. E
Freedom's Road è il suo disco migliore (assieme al precedente Trouble No More) dai tempi di
Human Wheels. Un disco dove rock e radici, politica e implicazioni sociali, ribellione e patria, Woody Guthrie e classe proletaria, diventano parte integrante di un'opera vigorosa e senza fronzoli, dove il nostro apertamente si schiera (vi ricordate di
To Washington?) contro l'America guerrafondaia di George W. Bush.
Ognuno ha il diritto ad una propria opinione e Mellencamp non ha mai fatto mistero di dire quello che pensava. Lo ha fatto in passato, ed ha pagato sulla sua pelle, ha perso in popolarità (complice anche qualche disco non propriamente riuscito), ma non ha mai abbassato la guardia. Ed ora, dopo quel singolo messo in rete liberamente tre anni fa (
To Washington), ritenta l'avventura con una canzone ancora più forte, orgogliosa, radicale e legata alle tradizioni:
Our Country. Un brano figlio di Woody Guthrie e della sua rivendicazione sociale, una canzone che mostra (assieme alla possente
The Americans) che John è pronto ad andare sulle barricate e se ne frega sia delle radio che delle classifiche.
Lui, come pochi altri della sua generazione, incarna lo spirito del rock and roll, quel misto di ribellione e fierezza, passione e forza, che rende unico un musicista. Mellencamp è un ribelle, magari scostante ed antipatico, magari sopra le righe ed irascibile ma, dal punto di vista musicale, quando fa le cose come vanno fatte, è indiscutibile.
Freedom's Road (la strada della libertà, bel titolo) si presenta con una copertina marrone, quasi un album di vecchie foto dove ricordi e passioni, vita di ogni giorno e paesaggi rurali creano un messaggio che va dritto allo scopo.
Il messaggio è anche visivo, oltre che musicale: svegliamoci dal torpore, torniamo alla ricerca di noi stessi, usciamo all'aria aperta. Il rock and roll è anche questo: alzare i pugni contro chi ci obbliga a delle scelte che non vogliamo, urlare la propria voce libera contro chi fa di tutte l'erbe un fascio, contro chi abusa della parola libertà, contro chi cerca di tradire la propria gente. John è sempre stato uno strenuo difensore dei veri valori Americani, ha sempre difeso l'America democratica e provinciale: non per nulla è stato uno dei fondatori ed è ancora uno dei propugnatori del Farm Aid.
Freedom's Road incarna tutti questi valori: parla di ribellione e diritti civili, ricorda lo spirito di Woody Guthrie, non abbassa mai la guardia. Per tornare ai suoi vertici qualitativi (questo disco si può avvicinare ai classici anni ottanta, a dischi come
Lonesome Jubilee e
Scarecrow) John ha chiamato con sé alcuni amici fidati, da Mike Wanchic a Andy York, ha chiesto a Joan Baez (altra paladina dei diritti civili) di duettare in Jim Crow, ed ha messo assieme una band solida con una ritmica potente (Dana Clark e John Gunnell), un violino (Miriam Strum) e le tastiere (Troy Kinnett).
Freedom's Road ha almeno cinque canzoni di grande spessore: quella che intitola l'album,
Forgiveness, Our Country, Someday e
The Americans. Offre quello che ci si attende, va dritto allo scopo e ha dei testi che mostrano poca accondiscendenza con la politica Usa (oltre a quelle già citate anche
Rural Route, Ghost Towns Along The Highway, Jim Crow, Heaven is a Lonely Place), un gesto che vale anche più di quello che viene espresso musicalmente, un gesto che può costare caro al suo autore, visto il menefreghismo dilagante, visto che poi la gente finisce con il comprare quello che sente alla Radio, e questo disco nelle stazioni Radio Usa non avrà certo vita facile.
Ma noi, come lui, ce ne freghiamo, e ci godiamo queste ballate orgogliose, le note di
Our Country, le chitarre aperte, le voci che si mischiano. Rispetto a Troble No More c'è più rock e meno blues, ma l'approccio è quello, ed i suoni non sono poi tanto distanti. Mellencamp diventa anche intimista (
Rural Route, Forgiveness, Heaven is a Lonely Place), non è il rocker baldanzoso di Jack & Diane, ma so toccare il cuore (
My Aeroplane), riprende alla grande il folk da battaglia (
Freedom's Road, Our Country, The Americans) e, a conti fatti, mette sul piatto una manciata di canzoni che vale la pena di ricordare. Fatto non trascurabile in questi tempi.