MARTY STUART (Country Music)
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  Recensione del  31/03/2004
    

Dire che questo è il disco più bello di Marty Stuart non è certo una bestemmia. Infatti in questo album il country rocker americano sintetizza venti anni di musica e mette a frutto le sue esperienze più varie. Se in passato dischi come Tempted, Hillbilly Rock, This One Gonna Hurt You, l'antologia The Marty Hit Pack ed il recente The Pilgrim avevano dimostrato il valore di questo musicista, saldamente al di fuori dell'etablishment di Nashville, Country Music è la sublimazione della sua arte. Come per Dwight YoakamT il percorso di Stuart è sempre stato irto di difficoltà malgrado il successo gli abbia arriso in vari momenti della carriera, come d'altronde anche a Yoakam.
Ma l'industria di Nashville non è mai stata tenera nei suoi confronti e la sua musica, troppo rock per essere country, troppo country per essere rock (ma questa frase l'abbiamo già scritta per qualcun' altro?) ha spesso subito inutili ostracismi. Country Music è un disco completo, ben fatto e suonato alla grande (un plauso ai Fabulous Superlatives, la band di Stuart), in cui Marty mette a frutto la sua sempiterna vena rock ed il suo grande amore per la vera musica country. Cosi accade che il disco si apre e si chiude con due classici del repertorio country, mentre il resto è farina del suo sacco.
La produzione è affidata a Justin Niebank, un produttore rock, che in passato ha lavorato con Widespread Panie, Robert Cray, Albert Collins, Roy Buchanan, Neil Diamond, Joe Ely, The Iguanas, Sonny Landreth, Allison Moorer e molti altri, ma con più esperienze anche in ambito country, soprattutto come ingegnere del suono. La bravura di Marty sta nel mettere assieme rock e country, nel miscelare alla perfezione certe particolari alchimie ritmiche e sonore e nel fare quadrare steel guitar e chitarra elettrica. Ed il risultato si può sentire in brani come Wishful Thinkin, By George e Too Much Month. Ma non gli mancano certo le ballate, basta ascoltare la turgida Here I Am, oppure Fool For Love, che ha dalla sua ampiezza melodica e profondità nel suono. Poi sa catturare alla perfezione la tradizione come in Farmer's Daughter, in cui canta in coppia con Merle Haggard, una composizione che sembra uscita da un disco della Carter Family.
Il country puro, quello vero, lo troviamo in Sundown in Nashville, dal ritmo acceso con la steel guitar che guizza di continuo ed il rock che si affaccia nella ritmica. Un discorso a parte se lo merita Tip Your Hat, una sorta di talkin' country, sostenuto da due assi del calibro di Earl Scruggs e Josh Graves, banjo e dobro rispettivamente, in cui Stuart nomina alcuni luminari del country con i titoli delle canzoni che li hanno resi famosi.
Ed per aprire e chiudere il disco, riscopre due classici. A Satisfied Mind di Porter Wagoner, 1955, ripresa poi anche da musicisti di varia estrazione, che il nostro rilegge in maniera molto elettrica, quasi rock, con ritmo ed intensità che viaggiano alla pari Walls of a Prison di Johnny Cash, una più belle canzoni di ispirazione religiosa, profondamente tradizionale, che l'uomo in nero ha mai scritto. Rilettura lenta e cadenzata, magica e coinvolgente, con la voce profonda che scava nella melodia e pochi altri strumenti che si muovono attorno.