JASON ALLEN (Live at Gruene Hall)
Discografia border=Pelle

  

  Recensione del  14/02/2007
    

Ennesimo ottimo disco dal vivo made in Texas, questa volta ad opera di un country-man con le contropalle. Jason Allen, originario dell'East Texas, ha già due albums al suo attivo (Something I dreamed e Wouldn't It Be Nice), i quali hanno avuto un incoraggiante successo (specie il secondo) all'interno dei confini del Lone Star State.
Ecco dunque arrivare puntuale la prova dal vivo (ormai non si stupisce più nessuno se dopo al massimo un paio di dischi in studio si fa uscire una testimonianza on stage, una volta l'album dal vivo era il classico punto d'arrivo, oggi è quasi un punto di partenza), prova superata con slancio. Jason è un musicista preparato, un buon autore, e possiede grinta e feeling in dosi massicce, oltre ad avere una buona voce: non suona rock come i Cross Canadian Ragweed, Shooter Jennings o la Eli Young Band (solo per citare i dischi live più recenti equiparabili a questo), ma prende piuttosto spunto da maestri quali Marty Robbins, Waylon & Willie, Billy Joe Shaver.
Un suono country tosto quindi, con le chitarre sempre in primo piano, senso del ritmo ed una predilezione per le honky tonk songs, perfette da ascoltare in un bar di Austin con una bella birra ghiacciata in mano. Un cenno alla band: oltre ad Allen, che suona la chitarra ritmica, troviamo Alex Adinolfi, ottimo alla solista, e la sezione ritmica composta da Al Quaid al basso e Caleb Bierstedt alla batteria. Le danze iniziano con l'emblematica I Can Hear The HonkyTonk: intro alla Waylon, voce chiara, suono tosto e pubblico subito caldo. Victoria's Secret (titolo divertente, la nota marca americana di intimo femminile non c'entra nulla) ha una melodia classica ma molto solare, con un tocco di Messico-Caraibico. Se Jimmy Buffett la notasse potrebbe benissimo farla sua.
Cryin' For Their Mamas è un tipico honkytonk texano, godibilissimo come un piatto di chili con una birra fresca; Costin' To Stay In Austin, tirata e veloce, è una boccata d'aria limpida e rinvigorente (bello lo spunto alla solita di Adinolfi); Wouldn't It Be Nice (non è quella dei Beach Boys) è una fresca ballata ricca di vibrazioni positive. Dame Tu Mano Bonita è, come il titolo fa intuire, un gradita e riuscita incursione in terra messicana, come solo un texano sa fare: chitarra flamenco, gritos, batteria molto anni sessanta e tanta voglia (per me) di nachos e tequila.
Il disco prosegue senza un momento di stanca: sentite ancora la vibrante God Bless The HonkyTonk, la divertente Goin' Fishin', la sentita Your Heart Turned Left, riuscita cover di un vecchio successo di George Jones: Jason ha un grande rispetto per la versione del vecchio George, ma aggiunge al tutto un pizzico di Texas. Lucky Arms, frizzante honkytonk d'altri tempi, e la roccata John Boat Blues preludono al finale, con due cover d'autore: Long Haired Country Boy, di Charlie Daniels, riletta con un irresistibile arrangiamento rock'n'roll (sembra di sentire i Blasters), ed il superclassico di Hank Williams I Saw The tight, che in America conoscono anche i semafori, aggiornata però con ritmo e feeling in dosi massicce. La tosta Good Morning Baby, tra rockabilly e blues, chiude in crescendo un concerto "muy caliente".
Ma non è finita qui: come bonus abbiamo ben tre nuovi brani incisi in studio, il gustoso country-rock Kickapoo Creek, la ballatona strappacuori (ma alla maniera texana) It's Your World e la piacevole Margarita Meltdown.