BO RAMSEY (Stranger Blues)
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  Recensione del  13/02/2007
    

Registrato tutto in famiglia, nell'estate scorsa, Stranger Blues è un omaggio alle radici blues e folkie di Bo Ramsey, ma con una prospettiva molto personale. Del resto, Bo Ramsey è un musicista cresciuto lavorando con songwriter ed interpreti del calibro di Lucinda Williams (ha suonato in Car Wheels On Gravel Road, tra l'altro) e Greg Brown (che è uno dei più grandi songwriter americani degli ultimi anni) e la sua chitarra non cerca mai il numero ad effetto, il virtuosismo spettacolare, la cascata torrenziale di riff e licks che strappano l'applauso.
Piuttosto s'inserisce negli anfratti delle canzoni, dialoga con gli altri strumenti (spesso, in questo caso, con l'organo di Ricky Peterson), prima fra tutti la voce, con un passaggio di slide, un breve assolo, molti ricami sempre pertinenti. Con tatto e un gusto sopraffino, Bo Ramsey riesce a districarsi tanto tra la canzone d'autore (un buon esempio potrebbe essere il suo Down To Bastrop) quanto con il rock'n'roll (il solidissimo In The Weeds) e conoscendo l'humus in cui è cresciuta la sua famiglia (che si è allargata, nel frattempo: Pieta Brown, figlia di Greg e sua compagna, suona e produce con lui Stranger Blues, mentre altri Ramsey collaborano a vario titolo) non era difficile immaginare che da quelle sessions estive ne fosse uscita un'altra prova di gran classe.
Non è il solito blues: per certi versi Stranger Blues ha più di un'affinità con I Don't Want To Take Nothing With Me When I'm Gone di Angelo Leadbelly Rossi, segno che una percezione del blues più evoluta e colorita rispetto agli standard è possibile e si può seguire con risultati piuttosto interessanti pur riprendendo i classici di Muddy Waters, Elmore James, Jimmy Reed, Sonny Boy Williamson e di altri spiriti che s'incontrano lungo la strada dal Delta a Chicago. Attorno a questi snodi, Stranger Blues scorre senza un intoppo che sia uno e Bo Ramsey cesella un'idea dopo l'altra nell'interpretare blues & traditional: Sitting On Top Of The World, rarefatta e rallentata, è una piccola gemma d'autore, la slide di Where The Sun Never Goes Down accarezza le note dell'ultimo Ry Cooder e la stessa Stranger Blues, rivista in chiave J.J. Cale, con l'organo di Ricky Peterson incollato alla chitarra e alla voce di Bo Ramsey accompagna Elmore James in un nuovo secolo.
Per altri versi, Bo Ramsey sa anche essere sporco e grintoso quanto basta: con quelle chitarre grevi e ruvide Hate To See You Go, You Got Me Dizzy e Unseeing Eye potrebbero stare in un disco della Fat Possum e Jump, Baby, Jump porta nelle paludi tra i Creedence e Tony Joe White. La sorpresa arriva con la versione strumentale di Freight Train di Elizabeth Cotten (con Greg Brown al banjo), resa molto suggestiva dai suoni vicinissimi alle contorsioni di Bill Frisell, una variazione piuttosto insolita che aggiunge a Stranger Blues un tocco di raffinatezza in più e che rivela una volta di più la versatilità e lo stile di Bo Ramsey.
Consigliatissimo.