MICHAEL HALL (The Song He Was Listening To When He Died)
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  Recensione del  18/12/2006
    

Vent'anni di carriera non sono pochi per nessuno, figuriamoci per un personaggio relativamente sconosciuto come Michael Hall, il quale, va precisato, è un piccolo culto del rock made in Austin. Già leader a partire dalla metà degli anni ottanta dei Wild Seeds, sfortunata meteora dell'indie rock di quella stagione, poi apprezzato solista, seppure costretto alla ritirata presso piccole e fallimentari etichette. Tra naturali alti e bassi, Michael Hall ha mantenuto la sua posizione e sfornato qualche disco interessante, formando e disfando rock'n'roll band a seconda delle stagioni.
Gli ultimi in ordine di tempo sono stati i Woodpeckers, con cui il musicista texano ha dato alle stampe un paio di onestissimi episodi per la stessa Blue Rose, Dead by Dinner e Lucky Too. Dischi che riprendevano le fila di quel roots rock dai forti accenti elettrici che da sempre ha contraddistinto la sua produzione. In questo senso The Song He Was Listening To When He Died è senza ombra di dubbio un cambio di rotta improvviso e a suo modo coraggioso, per lo meno nel senso che Michael Hall non sembra accontentarsi del raccolto passato, ma vuole rimetersi in gioco affrontando la canzone d'autore da una angolazione un poco più obliqua.
Chiuso in studio con le chitarre, il basso e le tastiere di Jud Newcomb (Loose Diamonds) e George Reiff, Hall ha ripreso in mano una dozzina di canzoni inedite, composte nel corso degli ultimi dieci anni (la più vecchia risale addirittura al 1994) provando a rivestirle di un'anima musicale differente. Sono ballate scheletriche nate intorno a due note di chitarra acustica o di un piano elettrico, alle quali la produzione vagamente lo-fi pare aggiungere un tocco pop più moderno, con leggeri interventi di elettronica, sulla scia di personaggi come gli Eels (Summer e la stessa title track ne ricalcano certe soluzioni). Non avendo evidentemente lo stesso talento melodico e nemmeno l'estro, la qualità media dei brani contenuti in The Song he Was Listening To When He Died è assai compromessa, reggendo a fatica la struttura spartana degli arrangiamenti.
Inutile negare che il beat elettronico di I Had a Girl in Dien Bien Phu, If You See Me e America (testo da salvare per la spassosa idea di dedicare una canzone alla band di Ventura Highway) non porta da nessuna parte, un involucro freddo e monotono che nel finale si aggrava con la sequenza di My World, You're Welcome to It e I Will Follow You. Si è costretti allora a cercare un appiglio dalle parti di Out Where the Highways Roll e The Wedding, esempi di un songwriting più tradizionalista, folkeggiante ed acustico, terreno dove senza tema di smentite Michael Hall risulta assai più a suo agio. Il coraggio a volte non basta, occorre qualche buona canzone.