DEXATEENS (Hardwire Healing)
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  Recensione del  18/12/2006
    

All'incrocio fra nuovo southern rock e asprezza punk si collocano idealmente i cinque Dexateens, rock'n'roll band di Tuscaloosa, Alabama, che insegue la buona novella di Lucero e Drive by Truckers e di tutte quelle formazioni, anche minori e sconosciute al di fuori di una mera realtà regionale, che hanno saputo fornire un senso nuovo alla tradizione musicale sudista. Non esattamente degli ortodossi prosecutori dunque, piuttosto dei teppisti capaci di sporcare le acque del deep south con un bagaglio di esperienza che fluisce dal garage e da certo rock a basso profilo che ha scritto la storia dell'America provinciale degli anni novanta.
Non è un caso fortuito quindi che il leader dei menzionati Drive by Truckers Patterson Hood, anche autore delle note introduttive nel libretto del cd, e il fedele produttore David Barbe si ritrovino dietro la regia di questo Hardwire Healing, terzo lavoro e primo a ricevere una pubblicazione europea grazie alla buona vista dell'olandese Rosa records. I precedenti lavori su Estrus avevano diligentemente seguito un persorso più crudo e sferzante, punk rock nella forma e nel contenuto, mentre il nuovo episodio sembra inaugurare un tracciato più personale e contaminato, dove le ascendenze roots della band si fanno più evidenti (l'alternative country stralunato di Neil Armostrong, le diafane pause acustiche di Downtown e Nadine) seppure mascherate da quintali di sordido rock'n'roll.
La presenza del piano dello stesso David Barbe, l'organo di Tony Crow e la pedal steel di John Neff attenuano la sfacciata spinta elettrica assicurata dalla coppia John Smith e Elliott McPherson, quest'ultimo anche autore e stridula voce solista. Sono proprio loro due il propulsore dei Dexateens, a cui si aggiungono le ulteriori chitarre di Nikolaus Mimikakis, il basso di Matt Patton e la batteria di Craig Pickering, generando un'alternanza fra scoppi rock'n'roll e sbilenche ballate acustiche, queste ultime spesso ai confini del lo-fi (Own Thing e Fingertips, registrate su un vecchio quattro piste). Naked Ground apre i giochi collocandosi nel primo campo: è un boogie storto e con ripetuti stop and go, una formula che verrà ripresa più volte in Hardwire Healing, dalla ruvida Makers Mound all'assalto frontale di Fyffe, convulsa rock song, fino ad una stropicciata Outside the Loop, un incrocio improbabile a metà strada fra il southern rock e i Pavement.
Tutto ciò conservando peraltro i tratti significativi nella musica dei Dexateens: l'imperfezione, il senso di imminente tracollo, l'abbandono, reso esplicito nella luminosa ballata elettrica What Money Means. Tre le rivelazioni indie del 2006, una band da considerare con attenzione nelle mosse a venire.