HALFWAY (Remember the River)
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  Recensione del  18/12/2006
    

Sette elementi in tutto, tra questi due songwriter e chitarristi (Chris Dale e John Busby) che si dividono con rispetto i compiti e due fratelli di origine irlandese (Noel e Liam Fitzpatrick) che spargono fragranze roots grazie a pedal steel, dobro e mandolino. La formula degli australiani Halfway si consolida sulle coordinate dell'esordio di un anno fa, Farewell to the Fainthearted, disco che li presentò al pubblico internazionale con la complicità della Laughing Outlaw.
Sono senza dubbio una delle band di punta del circuito tradizionalista in madre patria, sempre molto vivace, ma ancora poco apprezzati al di fuori della loro isola, complice una concorrenza spietata. Qualche segnale è arrivato in tempi recenti con un tour inglese e con la notizia freschissima di una loro imminente partecipazione al South by Southwest di Austin della prossima primavera. Anche la presenza di Rob Younger (storico vocalist dei Radio Birdman), che affianca Wayne Connolly in sede di produzione, è alla fine una conferma del crescente interesse attorno ai sette ragazzi di Brisbane.
Al fondo della verità tuttavia Remember the River non è un passo avanti nei confronti di un suono che all'epoca del loro debutto era sembrato anzi più fresco e credibile, forse per via di un'innocenza che in parte è andata perduta. Là dove Farewell to the Fainthearted si prestava a paragoni altisonanti con la vecchia guardia dell'alternative country, Son Volt e Jayhawks in testa, guidato da un sound robusto e desertico, il nuovo capitolo appare subito più calibrato e di mestiere, e per una band al secondo giro di boa non è un gran complimento.
Si mantengono insomma ligi alle regole senza sussulti che li possano realmente distinguere dai cugini americani: il rock chitarristico e svelto di River Roads e Dean & The Fitzroy, il sussultare roots di Dearest Mother e della rurale Billie Joe & The Bullyman, con contorno di fiddle e dobro, sono figlie di un immaginario che richiama i luoghi dell'arida Australia, tinteggiate da storie di ordinaria quotidianità. Bisogna nondimeno attendere il portamento classico di Ballad of Liza Brown e la viva ballata desertica Big Wave per scorgere una scintilla nella proposta Halfway.
I quali restano, sia chiaro, portatori sani di un country rock brioso e piacevole all'ascolto (Left for Luck, Chance, Wear Me Out, tutte marchiate dall'esperienza della coppia Louris-Olson dei citati Jayhawks), all'occorrenza soavemente romantico (il finale con Edge of the Peer), che nella resa complessiva risulta credibile, fluido, rispettoso di uno stile fino a restituirne i migliori riflessi musicali, e proprio per questo motivo troppo prevedibile. Se siete in cerca di epigoni fanno al caso vostro.